L’uomo da battere è ancora lui, il conte Max. Quindici mesi fa era un disoccupato del pallone: Cellino, presidente del Cagliari, aveva licenziato Allegri perché convinto che stesse per firmare per un grande club. E così era. L’ex centrocampista è diventato l’allenatore del Milan e al primo colpo, come Sacchi nel 1988, ha vinto lo scudetto. All’inizio di agosto, ha battuto l’Inter nella sfida per la Supercoppa di Lega, rientrando da Pechino con il primo trofeo stagionale. Per Allegri e il suo gioco, seducente e pratico, è la stagione della riconferma. Il livornese allievo di Galeone non rifiuta le responsabilità, però avverte:
«Ci sono altre squadre da temere, a cominciare da Inter e Napoli».
Mollati a sorpresa da Leonardo, diventato manager del Paris St. Germain, i nerazzurri si sono affidati a un allenatore con i capelli grigi che era nelle condizioni di Allegri di 15 mesi fa, ovvero disoccupato. Gasperini siede su una panchina affascinante e scomoda. Il tecnico avrebbe voluto far prendere Palacio dal Genoa, ma le vie del mercato hanno portato altrove l’Inter, fino al laziale Zarate. È partito Eto’o ed è arrivato Forlan, che però fino a febbraio non giocherà in Champions per un clamoroso errore dei dirigenti. Gasperini vorrebbe trasformarsi in Special one e regalare lo scudetto a Moratti.
Tricolore è anche il sogno di Mazzarri, che a Napoli ha firmato due risultati eccellenti: dopo la qualificazione in Europa League nel 2010, tre mesi fa ha centrato la Champions. Da ventun anni la squadra non arrivava così in alto. Vi è riuscito lui, l’ex ragazzo di San Vincenzo che ha cominciato a studiare nella bottega di Ulivieri e poi ha fatto tanta strada da solo. Dalla panchina dell’Acireale alla sfida con il City di Mancini. Con la voglia di regalare alla gente di Napoli il terzo scudetto, anche se quella parola – per scaramanzia, non perché tema di fissare gli obiettivi – Mazzarri non la pronuncerà mai. Una promessa l’ha già fatta:
«Punteremo al massimo, come sempre».
Che significa giocarsela per qualificarsi agli ottavi di Champions League e per essere legittimato anche sul campo, non soltanto nei pronostici d’estate, come primo rivale del Milan per lo scudetto. La sfida contro Allegri, quasi concittadino con cui non c’è feeling, arriva subito, domenica 18, al San Paolo. Un altro grande test dopo la sfida a Manchester. S’è ampliata la rosa, era necessario farlo per affrontare il doppio prestigioso impegno stagionale.
«Voglio allenare i top player»,
aveva detto Mazzarri. Vucinic, Vidal e Criscito le sue prime indicazioni per il mercato, oltre a Inler, seguito da un anno. È arrivato Pandev per rendere più completo l’attacco e l’allenatore dovrà valutare se è possibile far arretrare Hamsik a centrocampo e schierare il tridente. Intanto, si prepara per la terza stagione. Con De Laurentiis era arrivato a un passo dalla rottura nella scorsa primavera: nel nome del Napoli e del contratto vigente fino al 2012 è stata siglata la pace. Mazzarri ha il grande vantaggio di conoscere bene la squadra e bene l’ambiente.
Tocca a un’ex bandiera bianconera, Conte, tentare di riportare la Juve ad alti livelli. Dopo il ritorno in A, è stato un tormento. Hanno fallito Ranieri, Ferrara, Zaccheroni e Delneri. Il presidente Agnelli ha scelto un allenatore di provata fede juventina, con due promozioni dalla B (Bari e Siena) ed esperienze non esaltanti nella massima categoria (esonero a Bergamo). La società ha realizzato colpi interessanti sul mercato, a cominciare dal centrocampista Vidal, trattato anche da De Laurentiis. Dopo stagioni all’insegna del massimo risparmio, Lotito ha investito e consegnato una bella Lazio a Reja, che per un pelo ha fallito la qualificazione Champions nella scorsa stagione: potrebbe inserirsi il caro vecchio Edy nella lotta scudetto? Difficile che ce la faccia, sull’altra sponda della capitale, Luis Enrique, unico allenatore straniero all’esordio: la Roma ha fatto colpi interessanti nelle ultime 48 ore di mercato, però lo spagnolo è sotto processo dopo l’eliminazione dall’Europa League e le tensioni con Totti, l’intoccabile.