E’ il cicerone della Nazionale. Nessuno meglio di Morgan De Sanctis conosce Pescara. Il portiere di Guardiagrele, cresciuto nel vivaio biancazzurro e affermatosi in prima squadra, è doppiamente orgoglioso di questa serata azzurra. Sì, perché a 34 anni sta respirando un’atmosfera che aveva dimenticato dopo i Mondiali del 2010 seguiti dalla panchina. Si era chiuso un ciclo, ma il Napoli lo ha riportato in auge e Prandelli, appena si è aperto un varco, lo ha reinserito nel gruppo. Stasera per lui sarà come giocare in casa. “E’ la seconda volta che mi capita, dopo l’esperienza di due anni fa contro l’Olanda. Sono felice e orgoglioso di tornare a Pescara in maglia azzurra”.
Dal flop in Sudafrica alla partita contro l’Irlanda, che cosa è cambiato?
“Con l’avvento di Prandelli in panchina è partito un progetto di rinnovamento che, alle spalle di Buffon (numero uno indiscusso), prevedeva la crescita dei giovani, indipendentemente dai valori emersi in campionato. Era del tutto legittimo e razionale. Poi, c’è stata l’opportunità e io l’ho colta al volo”.
E come ha ritrovato l’Italia?
“Ho provato un sentimento misto di sorpresa e soddisfazione. Il gruppo è nuovo, ma, al di là del gioco espresso in campo, sono rimasti inalterati i valori umani. Si sta bene in Nazionale. C’è organizzazione e allegria. E dopo gli ultimi Mondiali è stato bello ritrovare un ambiente sano ed entusiasta”.
Da due anni non salta una partita con il Napoli.
“Nella mia vita ci sono la famiglia e il calcio. Non ho vizi. Io vivo di calcio: mi piace curare i dettagli in allenamento e mi rilasso nel vedere il calcio in televisione, adoro seguire anche i campionati esteri. E poi devo ringraziare madre natura che mi ha regalato una certa predisposizione fisica”.
Lei ha esordito in B con il Pescara il 16 ottobre 1994. Partita vinta con il Venezia e rigore parato a Vieri.
“Indimenticabile, gara giocata a Francavilla. C’erano Spagnulo e Cusin infortunati. E ho avuto la fortuna di incrociare mister Rumignani, persona giusta al momento giusto. Mi mise a mio agio. E mi fece un discorsetto del genere: “Tu sai parare, lo so. Cerca di andare in campo tranquillo e fare quello che sai fare”. Andò bene e ancora oggi ricordo gli incoraggiamenti di Gelsi, Terracenere, Nobile e Palladini. Tutti mi diedero una mano”.
Lei è abruzzese, dove porterebbe gli amici della Nazionale?
“La nostra è una regione incantevole dal punto di vista paesaggistico. Ma io sono legato alla mia terra e, quindi, porterei tutti nella zona di Guardiagrele. Li accompagnerei alla piana delle mele. Li farei salire in montagna fino a raggiungere un rifugio dove consumare arrosticini e altri piatti tipici”.
Oggi quanto vale l’Italia?
“Condivido quello che ha detto Buffon. Ci sono due nazionali davanti a tutti: Spagna e Olanda. Poi, l’Italia se la può giocare contro tutti”.
Lei punta ad arrivare agli Europei.
“E’ talmente tanta la gioia di essere nel gruppo che mi godo ogni minuto in maglia azzurra senza fare progetti”.
E intanto il suo Napoli sta facendo benissimo.
“Abbiamo superato alla grande il primo tour de force. Sette gare in venti giorni, abbiamo perso solo quella sul campo del Chievo”.
Che cosa significa essere il portiere del Napoli in una città che vive di calcio?
“Significa portare una corazza addosso, perché non è facile giocare con tanta pressione. C’è voluto tempo per conquistare la fiducia della piazza e cerco di conservarla con il lavoro”.
Fonte: Il Centro