Sembra una vela di Scampia un istante prima dell’abbattimento, quel luogo chiamato Centro Paradiso, e che oggi somiglia a un rione spopolato nelle periferie dell’inferno.
I guai finanziari si abbatterono sulla Società Sportiva Calcio Napoli, e gli anni d’incuria si sono abbattuti laddove i decenni fino al nuovo Napoli trascorsero a guardare i tanti campioni passati per quell’intima accademia azzurra. Il suo triste destino somiglia alla città e a molti dei suoi luoghi maledetti. Vuoi un posto dove morire senza che nessuno se ne accorga? Scegli Napoli, ma il consiglio è indicarla, con voce debole e tremante, col dito vecchio e segnato dalle rughe, ma solo dopo averla amata a lungo.
Le sentenze prima, e i diversi recuperi della nuova Società, rilevata nel 2004 da Aurelio De Laurentiis, hanno voluto che il piccolo e ospitale anfiteatro dove il vecchio Napoli s’è allenato per anni, diventasse oggi un’altra pattumiera, accanto alla più celebre e rinomata Pianura. Il perché Pianura sia diventata famosa, lo sanno tutti, pure il pastore tedesco che è l’unico abitante del Centro Paradiso. Il cane con una testa sola, senza saperlo, gioca a fare il Cerbero di un oltretomba che un tempo fu l’erba verde sognata dai ragazzini di mezza Napoli. Calcarla significava giocarci, in quel Napoli spettacolare e discusso, raramente vincente e troppo spesso perduto nell’umanità delle cose che per diventare vittoria hanno bisogno della scarsa abitudine alla sconfitta. In una città come questa, è impresa molto ardua.
Spero che a qualcuno non venga in mente l’idea di mostrare ai vecchi tifosi i ruderi sommersi dai rifiuti di un centro sportivo meta dei pellegrinaggi dei tifosi, della caccia dei fotografi e dell’invadenza autorizzata dei giornalisti. Le memorie di un Olimpo privato sono andate per sempre perdute, forse preda dei ladri e sciacalli, a questo punto m’auguro di ladri romantici che ne abbiano conservata la dignità, di quei frammenti di relitto, che sono un pezzo di storia di un calcio che si raccontava da solo, che non aveva bisogno degli artifici televisivi perché gli bastava una radiolina accesa.
Dove saranno andate a finire le sbirciate agli allenamenti, la ressa per l’uscita dei calciatori, i fischi e gli insulti dopo la sconfitta, i cori d’incoraggiamento prima di una partita decisiva. Dove saranno finiti tutti quegli anni. Se hanno deciso di consegnarsi a un’entità diabolica, adesso si nascondono tra le sterpaglie e i cumuli d’immondizia, addestrando i topi e ordinando al loro Cerbero di ringhiare a chiunque si avvicini. Se invece quegli anni, che adesso sembrano così lontani, hanno seguito il destino delle meraviglie smarrite nella Metropoli perduta, allora, in quello strato incorporeo e invisibile che aleggia più su, con le urla degli allenatori, coi sorrisi guasconi di Maradona, con le dita degli osservatori dentro il reticolato, con gli schemi e le casacche, e con una miriade di vecchi orgogli, popolano l’antica Città fantasma.
sebastiano di paolo, alias elio goka