Una zampata di Cavani, “la solita”, l’ennesima, toglie Mazzarri dall’imbarazzo della sconfitta stasera. E che zampata! Fortuita? Figlia di un destino beffardo? Meritata? O cos’ altro? Difficile trovare le parole consone per un gesto atletico che vale solo un punto si, ma che è stato accolto e festeggiato come una vittoria, sugli spalti e non solo. Così, ancora una volta, il Matador costringe coloro che sono chiamati a giudicare la prestazione degli azzurri a strappare tutto o almeno buona parte di quello che fino a quel momento avevano meticolosamente annotato sui loro taccuini e lasciare spazio a nuove parole, più consone, maggiormente in grado di rispecchiare la prestazione della squadra. Non è la prima volta che accade, il Napoli di Mazzarri ama rompere le uova nel paniere negli ultimi istanti di gara. Ama crederci e lottare fino all’ultimo secondo utile. Si diverte a beffare i bookmakers. Si prende gioco dei tifosi più scettici che si disinteressano della partita anzitempo, pensando che, ormai, i giochi sono fatti e premia quelli fedeli, devoti, che soffrono, lottano e ci credono con loro sempre, fino a quando non è l’arbitro a decretare la fine. Stasera è tornato “il boato dell’ultimo secondo”. Quel boato e figlio di tante urla. Dell’urlo di chi ha voglia di macinare punti anche in campionato, quello Cavani e dei suoi compagni, di Mazzarri e dello staff. L’urlo di gioia dei mille tifosi napoletani che hanno voluto esserci, anche stasera al loro fianco. L’urlo di liberazione dell’intera città, che quando il Napoli scende in campo si trasforma in un “Sahara metropolitano” pronto a rompere il suo religioso silenzio solo per lasciare posto al boato di gioia che segue un goal degli azzurri. Ma, andando a ritroso, dobbiamo ricordare che è arrivato prima “l’urlo di Denis”, quell’urlo che la gente di Napoli conosce bene. L’aveva detto, a voce bassa il Tanque, durante la settimana e poco prima della partita lo aveva ribadito: “questa sarà la mia notte, voglio fare goal!” Così è stato. Lo ha urlato stasera. L’urlo dell’ex Denis è arrivato per primo. Tutto come sognava, tutto come sperava, stava già pensando alle parole da dire ai giornalisti quando si sarebbe presentato in sala stampa probabilmente German, mentre era seduto in panchina, poichè sostituito poco prima della fine della partita. Ma i tre fischi dell’arbitro non erano ancora arrivati. Solo allora una partita può dirsi finita. Ci ha pensato quella zampata di Cavani a ricordarlo a lui e ai tifosi atalantini che già pregustavano il sapore della vittoria. Ai suoi tifosi, quelli che per buona parte della gara hanno incorato ancora una volta quei cori… Anti-Napoli, anti-napoletani, i soliti, quelli che ormai , purtroppo, non fanno più scalpore, che da soli dovevano bastare a scuotere le anime degli azzurri in campo più di quanto possa fare “la musichetta magica della Champions”. Invece no, il Napoli stenta, ancora e sempre, conferma di saper essere grande solo contro “le big”. Macchinoso, arruffone, vittima della muraglia umana atalantina, difficilmente va la tiro, il solito Napoli…Se non fosse per quella zampata. Arrivata in estremis, accolta come una liberazione, acclamata come una vittoria, quasi come a volergli dire: “ ben tornata zampata dell’ultimo secondo, quanto ci sei mancata!”