Il furto di Yanina e l’amplificazione di Twitter relativa al suo amaro “cinguettio” è l’ennesimo episodio di cui si macchia Napoli nei confronti dei propri gioielli, provando a ricettarli verso altre piazze.
Qualche anno fa il famoso Rolex di Hamsik, qualche mese fa era stato preso di mira l’appartamento di Cavani, qualche giorno fa l’auto della compagna dello slovacco, ieri Yanina e il suo orologio da polso: una scala temporale che non lascia adito a repliche.
Certo, succede anche a Milano e a Roma. Certo, succede anche all’estero, a Barcelona e a Madrid, in Argentina come in Brasile.
Ma la città di Napoli non può permettersi ulteriori ombre, dato che ha la stessa condizione di equilibrio di un funambolico uomo che cammina su di un filo.
Il progetto del calcio a Napoli resta l’unico bagliore positivo intorno a tanta “munnezza” e può essere anche naturale che, a volte, rischi di essere sporcato da tutto ciò che lo circonda.
Dei ragazzi dell’età media di 23-24 anni, però, non hanno il dovere di restare a vita, non lo sentono come obbligo morale verso la città che gli ha dato i natali, come può esserlo per le centinaia di persone “per bene” che rappresentano la maggioranza di Napoli.
L’odore dei soldi proveniente da altri porti, aggiunto a queste condizioni insostenibili di vita privata, rischiano di portarci via i migliori uomini del progetto De Laurentiis.
La prima idea che verrebbe in mente sarebbe quella di ripulire quanto di marcio gravita intorno al progetto Napoli ma poi è comprensibile il disarmo dinanzi a una visione utopica delle cose.
E allora non resta che credere nella voglia di Napoli di questi ragazzi, nel loro amore verso un popolo che riesce ad amarli – e ferirli – come nessuno altro.
Sperando che la città non rubi a questi piccoli grandi uomini anche le cuffie utili a non ascoltare le sirene degli altri top club.
Antonio Manzo
Articolo modificato 27 Nov 2011 - 10:51