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La notte della verità è arrivata, finalmente. In città non si parla d’altro, come sempre avviene quando il Napoli si appresta a scendere in campo, è risaputo. Però il clima che precede ed accompagna questa sfida, la regina di tutte le sfide, ha un sapore diverso per i napoletani, per tutti i napoletani. Per quelli che vivono all’ombra del Vesuvio, ma anche e soprattutto per quelli che per garantire un futuro migliore ai loro figli sono stati costretti a salutare il “paese del sole” ed adattarsi alla nebbia del nord Italia. Per questi ultimi, forse, la partita che si disputerà tra qualche ora vale molto di più di tre punti e dura molto di più di 90 minuti. E’ la partita che attendono per tutto l’anno, è il loro desiderio di riscatto riversato su quelle maglie azzurre, è la voglia di urlare il loro spirito di appartenza a una cultura e a delle tradizioni che non possono essere infangate e denigrate solo perchè a Napoli non esiste il progresso e lo sviluppo industriale che ha consacrato la famiglia Agnelli. Anche se il conseguimento di quel benessere è stato reso possibile anche grazie alle braccia dei “terroni”. Questo dovrebbe bastare per azzerare il pregiudizio che con la sua tagliente lama logora la dignità e le vite di questi lavoratori onesti, la cui unica colpa è quel nome inciso sulla carta d’identità, ma ancora di più nei loro occhi, nei loro cuori e in quell’accento unico che ha scritto la storia della musica e del cinema mondiale. Non rinnegano le loro origini, ne sono fieri, le esibiscono orgogliosi, come il gioiello più prezioso da sfoggiare e fedelmente continuano a seguire le sorti della loro squadra. Perchè chi nasce con il Napoli nel cuore non può neanche pensare di sviscerare quel legame indissolubile che nè il tempo nè la distanza riescono a corrodere, nè può provare a dare un nome diverso a quella passione. Azzurro è il colore in cui credono, amano e venerano quella maglia, piangono e si emozionano per le sorti ad essa legata, vedono in quei colori le fauci che possono azzannare la loro fame di rivalsa nei confronti dei “signori del nord”, è l’incarnazione della loro voglia di urlare “abbiamo vinto noi!” E’ il loro bisogno di sentirsi “padroni per una notte”, comodamente seduti in poltrona, ma a cavallo di un sogno che si coltiva da quando si è bambini. Perchè i figli dei napoletani imparano prima ad intonare gli sfottò contro i bianconeri e poi a pronunciare le parole “mamma” e “papà”. Ne era consapevole Maradona e sapeva che il regalo più grande che potesse fare alla sua gente era battere la vecchia signora. Lo hanno imparato presto gli eroi azzurri di oggi. Ecco perchè Cavani ed Inler volevano esserci a tutti i costi. Si respira nell’aria, si legge negli occhi della gente che incontri per strada che è una sfida infinita, che non termina quando l’arbitro fischia la fine, che non si disputa solo nel rettangolo di gioco, che non riguarda solo il calcio, ma il calcio è il mezzo necessario per conseguire un sogno: vincere contro la Juve per invertire, almeno e almeno per una notte, le geometrie calcistiche. Uno stupido, insensato sfizio per molti, l’evento più atteso per la maggior parte del popolo azzurro. Lo dimostrano quei cori che hanno accolto l’arrivo della compagine juventina ieri in albergo. Cori contrastanti, perchè oltre ai “napoletani di Napoli”, c’erano quelli che cantavano “noi non siamo napoletani”, napoletani anche loro, ma che hanno scelto di tifare per la Juventus. Ma rinnegare la propria terra e le origini in essa racchiuse è come violentare la propria madre. Quella gente che non vuole essere chiamata “napoletana” e rinnega tutto quello che in quel nome vi è racchiuso: Totò, De Filippo, Carosone, Murolo, Troisi, pulcinella, secoli di storia, sapori, melodie, colori e molto altro ancora. Sono loro la vera sconfitta di Napoli. E’ vero che il San Paolo è abituato ad accogliere avversarie di lusso e che di notti magiche questa squadra ne ha regalate tante ultimamente, soprattutto contro avversarie di portata internazionale, Mazzarri stesso ci ha tenuto a ribadire che non è la partita della vita perchè vale tre punti come tutte le altre, gli addetti ai lavori sostengono che non è palpabile “l’ansia da big match” e che si denota molto meno entusiasmo rispetto ad altre sfide. Non sposano queste tesi i tifosi che invocano a gran voce i tre punti. Vincere per regalare ai napoletani del nord la gioia di potersi recare domani a lavoro a testa alta e bardati con una sciarpa azzurra. Vincere per scalare la classifica e provare a rendere la vita difficile alla Juventus. Vincere per zittire sul campo chi ha alzato un polverone insensato in seguito alla sospensione della partita un mese fa. Vincere per dare una lezione di calcio e di vita alla vecchia signora, ma anche ai napoletani che hanno scelto di tingersi il cuore di bianco e nero. Perchè questa è la partita dei napoletani, quelli veri!

Articolo modificato 29 Nov 2011 - 19:31

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Scritto da
redazione