La pace sia con lui: perché mentre fuori il mondo va normalmente di fretta e c’è un (altro) universo che l’attende impaziente, convocato per l’occasione, dentro di sé Aurelio De Laurentiis è un vulcano che implode. Il tavolo imbandito a vuoto è un concerto di voci estranee alla sua storia, ad un calcio da lui distante: estate 2006, arsenico e antichi scudetti avvolti nei veleni, con il Napoli ch’è in piena fase di decollo, freschissimo di promozione dalla serie C alla serie B, strategicamente abbracciato alla propria filosofia e – in quegli istanti – semplice osservatore (però già) disincantato di ciò che sta accadendo altrove. “Ma io che ci sto a fare qua”. Cinque ore tormentate ad intrecciar le dita, a pestarsi i pollici, ad ascoltare il nulla, a rigirarsi sulla sedia mentre altrove – dieci minuti di strada più in là – la stampa attende di togliere i veli a Vacanze di Natale a Cortina; e alle undici e trenta, s’intuisce che bisogna far scivolare l’appuntamento in seconda convocazione. “Scusatemi ma ho impegni che si stanno protraendo: spostiamo di un’ora, almeno di un’ora”.
ATTESA – Il tam tam del Foro Italico è un chiacchiericcio sul passato, un braccio di ferro sull’asse Milano-Torino, con deviazioni in direzione Firenze; e a quel punto d’una giornata uggiosa, con gli appuntamenti che slittano e l’anteprima “Capitale” che viene posticipata via sms o con telefonate lampo, l’ultima frontiera di Aurelio De Laurentiis resta un bottone del doppiopetto da tormentare ad oltranza e sino al triplice fischio finale, restando impassibile in quel niente in cui è costretto a galleggiare, presidente d’un Napoli estraneo ai fatti: “S’è parlato di vicende che riguardano altri, non me, non certo il Napoli. Che vi devo dire? Perdonate, ho altre esigenze in questo momento, devo scappare via, sono in ritardo”.
IRONIA – Ciak, si rigira l’auto e si riparte, provando a sprizzare serenità tra Galliani e Moratti, scappando via leggeri per fendere la folla di cronisti e lanciarsi sul cinepanettone guarnito per la circostanza da una scatto d’apprezzabilissima ironia di Luigi De Laurentiis, l’erede designato, che valutata la pesantezza dell’aria irrespirabile al Foro Italico, s’è catapultato nel clima goliardico della celluloide per rallegrar lo spirito: “Speriamo che stavolta papà non torni di nuovo in sella ad un motorino” . Pace e bene.
Fonte: Corriere dello Sport
Articolo modificato 15 Dic 2011 - 09:37