“Guagliò, vuoi venire a Londra?”
“Quasi quasi. Ma quand’è la partita?”
“Il 14.”
“Il 14 cosa?”
“Marzo.”
“E io sto in Giamaica. Viaggio di nozze. Mi sa che non è cosa”.
“E tu non hai pensato che ci poteva stare il Napoli?”
“E io mettevo il maxischermo se capitava nel giorno del matrimonio”.
Comincia così la nostra Napoli-Roma. Siamo in fila, fuori a cancelli ancora chiusi alle ore 17:30 circa. Due tizi dietro di noi si organizzano la trasferta europea. Uno probabilmente ci andrà, l’altro, speriamo, rosicherà. O rosicherà l’amico pensando allo sposino su una spiaggia dall’altra parte dell’oceano a godersi la luna di miele.
In tutti i casi, l’argomento del giorno è il sorteggio Champion’s. E la domanda del secolo è: “ Hai preso i biglietti per Londra? Quanto paghi? Quanti scali? Ci vediamo là!”
Pare che con chiunque parli, sarà a Londra il 14 marzo 2012. Il Chelsea dovrà fittare un altro campo per contenerci tutti. Ci sarà da pensare strategie indiavolate per riuscire a trovare il biglietto della partita. Ma Londra sarà azzurra. E anche noi saremo lì!
Ma per adesso siamo qui. Stadio San Paolo. Campionato e non Champion’s. Qui siamo una squadra da centro classifica e non secondi in un girone di fuoco. Contro la Roma e non contro il Chelsea. C’è chi ironizza dicendo che è ora di battere anche le piccole. Evidentemente non è arrivato ancora il momento.
E’ una sera di pioggia, di freddo, di lampi e tuoni. Ad un certo punto sembrava scendesse anche la neve. Juventini con il senso dell’ironia potrebbero pensare che l’avremmo voluta rimandare. E invece no. Juventini con il senso dell’ironia ne conosco molto pochi. E noi non eravamo lì negativi. Eravamo carichi, con la testa alla classifica, sapendo che un passo falso ci avrebbe rovinato il Natale. Prima ancora di scendere in campo contro il Genoa tra tre giorni.
Quando entriamo in curva, gli spalti sono deserti. Riusciamo a prendere posto per tutti. Vicini e dove piacciono a noi. Sembra un buon segno. Mai fidarsi dei buoni segni ottenuti così facilmente, capiremo poi.
Cerchiamo di riscaldarci come possiamo: sciarpa, cappello, birre, Borghetti. E tante risate. Eh si! Strano a dirsi adesso, ma è stato un pre-partita all’insegna del buonumore, dell’ironia e delle risate sincere.
Qualche sfottò ad un amico con una bella moglie paziente, ma non troppo. Tante partite del Napoli possono far stancare chi tifosa non lo è e vorrebbe una domenica o un sabato in compagnia del marito. E probabilmente anche non subire il malumore basato sul risultato. Insomma, “Non ci siamo, non ci siamo” sembra sia stato il monito della coniuge. Ed è stato anche il nostro mantra nel pre-partita. Qualche coro contro i romani al loro ingresso in campo. Non capiamo chi, ma c’è uno tra i giallorossi che ci filma dal campo mentre inveiamo senza pietà. Contento lui. Noi invece non siamo contenti dei distinti vuoti, salvo poi applaudire alla coreografia d’inizio partita. Commentiamo un Barcellona stellare, quasi da eliminare da ogni competizione per concorrenza sleale. E commentiamo pure l’arrivo di Vargas. C’è chi è convinto che questo significhi l’addio di Lavezzi e chi invece spera in una voglia del Presidente di rinforzare la squadra. Io so che tifo Napoli anche con Topolino e Gambadilegno in campo e quindi non mi faccio troppe domande prima del dovuto.
Mentre attendiamo gli azzurri scendere in campo, c’è tempo per sapere che un carrello per la spesa costa al negoziante 150 euro e che c’è chi se lo porta a casa per far giocare i bambini in strada, tipo auto-giocattolo. Se lo viene a sapere Monti, ci s’inventa su una tassa ad hoc o un superbollo auto. Meglio non dirlo in giro.
Nel frattempo, dalle casse rimbombano canzoni improbabili. Una su tutte, Umberto Tozzi che canta “Stai, stella stai, su di me…” L’ha scelta un giocatore del Napoli, non capiamo chi. Dal periodo della hit, forse Lucarelli.
Ore 20:45: inizia la partita. Pronti, partenza, goal! Il frutto del peccato ci fa bestemmiare come non mai. Segna per caso, per sfiga, per papera. Il portierone azzurro ci ha salvato in più di un’occasione, ma stavolta ci fa arrabbiare sul serio. Palla e terreno scivolosi, deviazione di Aronica, tiro inaspettato. Cerchiamo qualsiasi giustificazione, ma la rabbia di cominciare già con un goal in svantaggio è troppa. Poi ci sono tante altre occasioni, per noi e per loro. Hamsik riesce a fare peggio del palo di Cribari e della traversa di Pandev e a 30 cm dalla porta caccia un tiro in verticale, parallelo all’altezza della porta che sfida le leggi della fisica pur di uscire fuori e andarsene in curva. Il Pocho invece, indemoniato come sempre, sbaglia sotto porta, come sempre. E un palo anche per lui. Per fortuna nostra Osvaldo non è da meno e anche lui riesce a non segnare in maniera clamorosa.
Nell’intervallo siamo delle statue. Immobili, in silenzio. Senza parlare, senza guardarci in faccia. Vogliamo questa vittoria e speriamo in una scrollata.
E il secondo tempo è praticamente un turpiloquio continuo. Una serie di bestemmie, di parolacce, di un mannaggia qua e mannaggia là. Di nervosismo e rabbia. Noi giochiamo. Segniamo anche, ma l’arbitro ci spiazza tutti con un fischio incomprensibile. “Non ci siamo! Non ci siamo”. Il mantra del pre-partita che ci faceva tanto sorridere, adesso sembra una profezia. Altro svarione della difesa e loro segnano il secondo. Poi un piccolo risveglio. Ma loro chiudono con il terzo. Un’altra deviazione. Ma la difesa gli dà tutto il tempo di tirare da solo.
“Non ci siamo! Non ci siamo”. Una profezia che si avvera.
C’è chi lo imputa alla sfortuna, chi lo imputa alla Champion’s, chi lo imputa ad incapacità dei nostri giocatori. Le opinioni sono discordi e si fanno sentire forte.
Abbiamo perso contro tutte le piccole. E purtroppo di grandi in questo campionato non ce ne sono molte.
Certo, mercoledì saremo di nuovo lì. Stadio San Paolo di Napoli e non Londra. Da squadra in difficoltà di centro classifica e non da seconda di un girone di fuoco. Contro il Genoa e non contro il Chelsea. Sarebbe bello sapere se consideriamo il Genoa come una “piccola” o una “grande”.
Quando torniamo al parcheggio, il tizio ci fa: “Uah! E’ la prima volta che vi vedo tornare senza sorriso. Con le facce nere. Di solito sorridete sempre e comunque”.
E’ vero. Il sorriso, sempre e comunque. E sicuramente sorrideremo di nuovo. Ma non ora. Dateci il tempo di incassare per tutte le volte che abbiamo sorriso quando gli altri pensavano non ci fosse motivo. Sorrideremo di nuovo, ma non ora.