La benedizione del Maledetto United – Video

Sul film Il maledetto United

di Tom Hooper

 

Le odierne tendenze non disdegnano di dedicare attenzione agli impulsi egocentrici dei grandi personaggi. Ma le cronache molto male si dibattono tra maldestre e inopportune celebrazioni da una parte e inconsulte provocazioni dall’altra. Oggi, nell’era delle posture ingessate e delle parole trattenute tra i denti, uno come Brian Clough non godrebbe di grandi favori, se non quelli ottenibili dal seguito aspro e genuino che sconfina i margini tracciati dall’ipocrisia e dalla prostituzione mediatica.

Il maledetto United, in originale The Damned United, è il film, tratto dall’omonimo romanzo di David Peace, che racconta la purezza e l’irritante irriverenza dei 44 giorni alla guida del Leeds United di uno dei più grandi allenatori della storia del calcio. Si chiamava Brian Clough, da pochi anni scomparso all’età di 69 anni a causa di un tumore, l’uomo che dagli anni ‘Settanta agli anni ‘Novanta collezionò, da allenatore del Derby County prima e del Nottingham Forrest poi, 2 Campionati inglesi, 2 Coppe dei campioni, una Charity Shield, 4 Coppe di Lega inglese e una Supercoppa UEFA. Già da calciatore però, il rendimento di Clough, che militò nel Middlesbrough e nel Sunderland, dimostrò di essere un attaccante straordinario, segnando 251 reti in 274 partite. Ma un grave infortunio, causatogli dallo scontro con un portiere, pose fine alla sua carriera di calciatore quando non aveva ancora compiuto 28 anni.

L’opera cinematografica, diretta da Tom Hooper, racconta le quarantaquattro giornate che videro Clough sulla panchina del Leeds datato 1974. Furono forse i giorni di umiliante insuccesso dell’allenatore britannico, che trascorse quell’esperienza tra i capricci di alcuni calciatori e gli ostruzionismi dei dirigenti di una società di calcio più interessata a reggere il marchio rigoroso del veterano potere dei senatori del calcio, piuttosto che assecondare le idee innovative di un allenatore che negli anni successivi avrebbe imposto all’attenzione mondiale un soccer basato tanto sulla qualità del gioco quanto sull’intelligente impostazione psicologica di squadra. Michael Sheen, nel ruolo di Clough, interpreta con naturalezza e semplicità un personaggio costretto a lottare sia contro un football system che non gradisce rivoluzioni ed esibizionismi, sia contro se stesso, richiuso in una personalità condannata a non riuscire a resistere a debordanti manifestazioni d’insofferenza. Il Clough raccontato da Hooper è un britannico atipico, come forse era il Brian “originale”, uomo dal temperamento ribelle e polemico.

La pellicola, uscita nel 2009, potrebbe far storcere il naso ai “naturalisti” del cinema, avendo il regista adottato, per alcune scene, metodi piuttosto “moderni” per adattare la scenografia e la fotografia agli scenari, agli ambienti e agli stadi com’erano negli anni ‘Settanta. Alcune scene sono state infatti modificate attraverso la tecnologia per ottenere una maggiore fedeltà all’epoca narrata. Nonostante una latente intenzione di spettacolarizzazione, la sceneggiatura e la regia salvaguardano il romantico profilo dei volti austeri e guasconi dell’Inghilterra pre-thatcheriana, vuotando la storia come un calice di birra, ma allo stesso tempo senza svuotarla del suo significato più importante. La formazione, umana e professionale, che sottopone l’esuberante protagonista alla prova più grande per un uomo. La ripresa dalla sconfitta. Non a caso il film si concentra solo sull’esperienza nel Leeds, lasciando soltanto alla coda celebrativa le cronache dei successi, perché l’intenzione della produzione è quella di evidenziare i tratti apparentemente perdenti del Clough incompreso, ma che l’epilogo vittorioso della sua gloriosa carriera dimostreranno essere solo l’indice di un’umanità dirompente e resistente in un mondo, quello del calcio europeo, ossessionato dalla salvaguardia del potere.

Ecco che il film si trasforma in una garbata narrazione, tutta sui tormenti e le pulsioni di un allenatore caparbio ed entusiasta, spoglia di intenti documentaristici, ma che non disprezza di cifrare il finale citando i successi di Brian Clough, consegnandoli alla Storia del calcio non solo come successi professionali, ma anche come soddisfazioni umane per nulla provate dalle ambigue violazioni delle diffidenze.

La vita di Brian Clough è l’ennesima avventura dell’eroe calcistico, giunto stanco e provato davanti al giudizio che vede anche se stesso nel consesso giudicante. Proprio per questo, proprio perché Clough ha fatto parte della sua vita, ha deciso per sé e ha pagato in misura intima e professionale tanto per i successi quanto per le sue contraddizioni, il suo nome giunge alla memoria con gli occhi per nulla invecchiati, che, attraverso i libri che lo raccontano, la cinematografia e l’aneddotica, ce li consegnano rinvigoriti e ricolmi di quella geniale brillantezza tipica delle personalità indipendenti.

Quando Brian Clough vinse la sua prima Premier League col Derby County, durante la cerimonia di premiazione pronunciò queste parole:“Sono talmente stanco che faccio fatica a sollevare questa coppa di Champagne”.

L’interpretazione di Sheen e le memorie del grande Clough, lo raccontano così, come un personaggio capace di fondere nella vittoria il sentimento che essa lo abbia sempre atteso dietro l’angolo. Quando Brian Clough fu messo in lista d’attesa per essere operato di cancro, visti i litigiosi trascorsi con i suoi collaboratori, su tutti il fidato Peter Thomas Taylor, firmò la sua biografia con questa dedica. “Agli amici che non ci sono più, quelli che ho perso e che mi mancano così tanto”. Alla sua memoria è dedicata una statua al centro di Nottingham.

sebastiano di paolo, alias elio goka

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