Quelle gambe veloci, implacabili, al limite del reale, di quello che può essere stimato come “appartenente al genere umano”, lo hanno portato ad approdare in serie A nel 2000, sotto la guida di quel Reja che, nel corso della sua galoppata verso “l’olimpo degli Dei”, ha poi ancora ritrovato.
Nel 2003 viene acquistato dalla Fiorentina e milita in questa squadra fino al 2006. Con i viola si destreggia per un anno tra i campi di serie B, per poi approdare in serie A.
Da lì in poi Christian inizia a fare sul serio.
Dal giugno 2006 al gennaio 2007 si concede per uno spicchio di campionato al Treviso, prima di sbarcare nella Genova blucerchiata ed è proprio con la Sampdoria, sotto la guida di “un certo” Walter Mazzarri che, come esterno destro di un 3-5-2, Maggio mostra il meglio di sé e dimostra tutto il suo valore, collezionando una serie di ottime prestazioni e a suon di gol, ben 9 in una sola stagione. Niente male per un centrocampista.
L’11 giugno del 2008, in attesa di vestire l’azzurro della Nazionale, che non tarderà ad arrivare, Maggio sposa l’azzurro del Napoli e ritrova così il suo primo caro, vecchio allenatore: Edy Reja. Buttato subito nella mischia da quest’ultimo, Maggio debutta con il Napoli nella prima gara d’ Intertoto contro il Panionios il 20 luglio dello stesso anno.
Il primo gol arriva nel match interno contro la Fiorentina il 14 settembre. Segna nella porta abbracciata da una curva B semivuota per effetto della protesta attuata dai gruppi organizzati contro la tessera del tifoso che, pertanto, quel giorno, decidono di disertare lo stadio.
In quell’occasione Maggio festeggia il suo primo gol inchinandosi davanti a quella curva vuota, in segno di ammirazione e rispetto per quei tifosi, assenti solo per urlare il loro credo e per difendere i loro ideali.
Da quel giorno in poi, quell’inchino lo ha ripetuto sempre, ogni volta che ha segnato, ha sempre sottolineato la sua marcatura con quel gesto, dedicato alla curva A o alla curva B, è stato il Fato a deciderlo, di volta in volta.
Certo è che la sua galoppata in azzurro non è stata tutta rose e fiori.
L’8 marzo 2009, nel corso della partita contro la Lazio, rimedia una lesione al legamento crociato anteriore del ginocchio destro e così la sua prima stagione azzurra si chiude anzitempo.
Brutto, spinoso, avvilente infortunio quello, capace di farti venire voglia di gettare la spugna, di attaccare le scarpette al chiodo e diventare uno spettatore piuttosto che un protagonista. Può farcela solo un uomo dotato di una grande voglia di vincere e sconfiggere i fantasmi che ti logorano la mente e che ti sussurrano: “non tornerai più quello di prima”, “non riuscirai mai a recuperare al 100%”, “ormai sei un calciatore finito” e che diventano più asfissianti, assordanti ed insopportabili davanti ad un miglioramento che tarda ad arrivare piuttosto che al cospetto di un iter riabilitativo che procede a rilento.
In tanti lasciano che la voce della paura e dell’incertezza spegna il fuoco della passione per il calcio, ma Christian no. Lui sentiva che aveva ancora tanta birra in corpo e che l’amara constatazione che il terreno che caratterizzava il percorso della sua carriera calcistica, fosse diventato tutto ad un tratto ripido e tortuoso, non poteva e non doveva compromettere la sua ascesa.
Per uno abituato a correre a tutto gas, camminare a piccoli passi, con il freno a mano tirato, non è facile.
Ma in quel momento Christian ha dimostrato tutta la sua forza, non solo atletica, ma soprattutto d’animo. Ha saputo trovare nella paura la sua forza, nella fame di calcio giocato il suo credo e nella voglia di tornare come prima e anche più forte di prima, la sua motivazione.
Da lì in poi, infatti, ha lasciato che fosse il campo a sancire che è un giocatore tutt’altro che in declino. L’arrivo dell’ex mister Mazzarri alla guida del Napoli, l’Europa League prima, la Champions League poi, momenti che hanno sancito la sua carriera e la sua storia di calciatore, ma anche la storia del Napoli, la nostra storia.
Il suo stato di grazia è stato coronato anche dalla tanto attesa quanto meritata convocazione in Nazionale e sembra ormai essere uno degli uomini su cui maggiormente punta Prandelli.
E’ innegabile che ormai “Super-bike” è una delle pedine fondamentali del gioco di Mazzarri, uno dei grandi protagonisti dei successi conseguiti dagli azzurri, l’esterno italiano più in forma ed inafferrabile degli ultimi tempi o forse uno come lui, prima di lui, in Italia, non è mai esistito. Tra i più generosi dei guerrieri partenopei, pronto a dare l’anima fino alla fine, sempre, a lottare su ogni pallone, a non risparmiare un’incursione, mai, in nessun caso, a buttarla dentro quando può e puntualmente correre dai quei tifosi, con la stessa umiltà mista a gioia incontenibile di quella prima volta.
Il modo migliore per festeggiare le sue 200 presenze in serie A sarebbe far comparire il suo nome sul taccuino dei marcatori di Napoli – Bologna.
Ma a prescindere da ciò, stavolta sarà l’intera piazza napoletana ad inchinarsi, virtualmente si, ma con infinita ammirazione e riconoscenza, davanti ad uno dei suoi più grandi eroi.
“Era de maggio” recitava una canzone del repertorio classico napoletano. “E’ l’era di Maggio” replica la storia moderna.
Luciana Esposito
Articolo modificato 15 Gen 2012 - 17:52