È un pareggio amarissimo, perché nel giorno dell’inseguimento all’Udinese non serve, non fa rimonta. Incredibile è stato il passaggio a vuoto di tutti ad inizio e a fine partita. Ora il risultato vedrà più di un azzurro sul banco degli imputati. Ma questi sono gli stessi giocatori delle serate esaltanti, i celebrati titolarissimi che da tre anni cantano e portano la croce. Le pause del Napoli sono quelle classiche, abituali di una squadra che si sente forte, ma non riesce a tradurre in atto questa intuizione. Il presunto tentativo di rimonta in campionato sta diventando una corsa troppo lenta: più passano le giornate, meno si concretizza, perché nella marcia di avvicinamento più che la forza conta la qualità media. Il Napoli – quando percepisce la propria potenza – sembrerebbe ancora la squadra meglio predisposta per vincere a mani basse. Diventa, invece, un ingorgo di nervi quando non si fida più di se stessa. Nel gol del Bologna c’è la resa inconsapevole di chi vorrebbe ma non può. Pulzetti tenta di forzare l’assedio azzurro portato al suo Bologna, strappa ad una difesa paralizzata l’assist per Acquafresca: Campagnaro va giù come un birillo, è gol. Tuttavia qui oltre alle sensazioni vengono alle luce i limiti reali: in questa rincorsa zoppa verso i primi posti c’è soprattutto tanta confusione e poca consistenza nell’organico. I «titolarissimi» nella fase difensiva posseggono un passo solo, non sanno cambiarlo, si meravigliano che non basti più la forza della volontà e di frequente non trovano la contromossa all’iniziativa avversaria. È così che nella gelida notte del San Paolo la Mazzarri band ha dissipato il tesoretto che aveva accumulato durante la breve galoppata con Genoa e Palermo. Dov’è finito quel gioco scarno e moderno, efficacissimo che ha fatto tremare anche le grandi d’Europa? Si ricomincia a pedalare in salita”.
Fonte: Il Mattino
Articolo modificato 17 Gen 2012 - 09:24