L’orgoglio partenopeo ha trionfato, infatti, su un altro campo. Quello diversamente azzurro di Pescara.
Durante il match contro il Verona, nel corso del secondo tempo, si infiamma la stella azzurra Ciro Immobile e segna una doppietta, salendo a quota 15 in campionato, portando così la squadra di Zeman al terzo posto in classifica, a -3 dal Torino.
Il verdetto così decretato sul campo di Pescara sancisce una lezione che va oltre lo sport, sono tre punti che assumono una rilevanza e un valore che vanno oltre il consueto e normale aggiornamento della classifica calcistica, in seguito alla disputa di un incontro.
Ci sono partite che in cui non scendono in campo 11 calciatori contro altri 11, ma intere popolazioni.
Ed esistono vittorie che non valgono solo 3 punti, ma hanno un peso ben più rilevante.
Quella del Pescara contro il Verona lo dimostra.
Perchè?
E’ la storia più vecchia del calcio moderno o forse la storia più vecchia e basta, di cui non si conosce l’inizio e di cui, probabilmente, non si vedrà mai la fine e che, paradossalmente, con questo sport non ha nulla a che vedere.
E’ la storia di un odio profondo e reciprocamente condiviso, di un solco insanabile che divide l’Italia del Nord da quella del Sud, i cui margini si allontanano sempre di più, rendendo quello squarcio ancor più profondo e corpulento dell’essenza che vive e regna in quella voragine: razzismo, intolleranza, discriminazione, violenza, correnti ideologiche che farebbero inorridire l’uomo di Neanderthal per quanto inconcepibili ed obsolete e scoraggerebbero i grandi eroi che, nel corso dei secoli, si sono battuti per unire questo Paese.
La storia moderna decreta con sempre più assoluta ed inequivocabile certezza che quell’unità è una realtà esclusivamente geografica.
Qual è il nesso logico tra quanto finora asserito e la partita del Pescara di lunedì sera?
Beh, uno dei figli più acerrimi di quell’antico odio razziale, è la sfida, troppe volte, ancora una volta non solo calcistica, che da anni contrappone Verona e Napoli.
Dagli striscioni che hanno fatto storia, ai cori razzisti che intimano il Vesuvio di provvedere quanto prima a disfarsi della “pratica napoletani”.
Napoli come una moderna Auschwitz.
Questo il loro desiderio mai nascosto e apertamente confessato.
Questo è quanto avverte sulla sua pelle Ciro Immobile, classe 1980, nativo di Torre Annunziata, uno di quei paesi che con il Vesuvio ci vive e ci convive in un mix di rispetto ed ammirazione.
Non ci sta Ciro, non gli va giù che quella gente infanghi le sue radici, non è disposto a farsi cucire addosso, in silenzio, quell’ingrato marchio e lasciarsi beccare per tutta la partita, solo perchè sulla sua carta d’identità c’è scritto: “nato a Napoli”.
Così, la sua reazione di orgoglio, rabbia, desiderio di rivalsa e di riscatto partorisce due gol che zittiscono i tifosi del Verona ed incarnano la brama di un popolo intero.
Quello campano, quello napoletano per cui, sicuramente quella doppietta ha un valore diverso: perchè l’ha realizzata un calciatore con una maglia biancoazzurra si, ma non è quella del Napoli.
Però, sotto quella maglia, batte un cuore azzurro e questo basta per rendere speciali quelle due reti, inferte al nemico di sempre.
Quella vittoria, non è una “semplice vittoria”.
E’ un piccolo, ma immenso riscatto di Napoli, di Totò, di Pulcinella, di Troisi, di De Filippo, di Parthenope e di tutti i suoi figli che hanno scritto la sua storia e divulgato il suo verbo nel mondo.
Ma è anche la vittoria di chi, semplicemente, ama questa terra per vita intera e, anche oltre, e rimane fiero e saldamente ancorato alle sue radici “terrone”.
Luciana Esposito
Articolo modificato 19 Gen 2012 - 12:42