“La mia famiglia stava bene, avevamo una piccola azienda. Mio padre ci ha educato in un certo modo. Io ero già il capitano della Fiorentina Primavera e d’estate, durante le vacanze, mi faceva alzare al mattino per andare in ditta”.
Un ragazzo che riusciva a destreggiarsi tra passione e lavoro, non tralasciando gli studi, a cui teneva tantissimo:
“Non cantavo nel coro, sfuggivo allo stereotipo del giocatore donne-motori. Andavo all’ università, mi occupavo di investimenti. Mi avevano soprannominato“Lone wolf.”
La sua carriera calcistica inizia presto nelle giovanili della Fiorentina, da sempre squadra preferita di tutta la famiglia Mazzarri ed è lì che viene definito il «nuovo Antognoni».Dalla Fiorentina, passò al Pescara,al Cagliari,alla Reggiana , fino ad arrivare all’ Empoli dove militò per ben cinque anni, contribuendo alla prima promozione degli azzurri in Serie A. Nel 1988-1989 venne ceduto al Licata, poi passò a Modena, Nola, Viareggio, Acireale fino a quando non decise di appendere le scarpette al chiodo con la Torres. Da calciatore ha totalizzato complessivamente 33 presenze in Serie A e 118 in B. Ma non sono i numeri che ci interessano in quest’uomo. Da tecnico inizia come secondo di Ulivieri prima a Bologna e poi a Napoli. Con la società rossoblu guida anche la Primavera per poi scendere ad Acireale in serie C2 e approdare a Pistoia in Serie C1. Da lì la strada per il successo diventa tutta in discesa. Prima con il Livorno, poi con la Reggina per poi approdare nel2007 alla Sampdoria, il tecnico livornese ne fa di strada. E il biennio alla Samdoria gli regala un’ondata di successi che rimarranno nel suo cuore per sempre. Successo come allenatore, come uomo, come maestro di vita per quei ragazzi che ancora oggi lo portano nel cuore. Il 6 Ottobre 2009 dopo le prime 7 giornate di campionato, viene ingaggiato come allenatore del Napoli in sostituzione di Roberto Donadoni e 11 anni dopo l’esperienza con Renzo Ulivieri sulla panchina partenopea, torna a Napoli. Nemmeno definirlo allenatore basta per descrivere l’uomo che è diventato oggi. Sempre pronto ai cambiamenti, pronto a rischiare e a prendersi le proprie responsabilità in caso di errore, è “l’uomo dei fatti”. Walter non ama chiacchierare, soprattutto quando si tratta della sua passione. Walter non è un tipo da elogio, una persona che si destreggia tra ospitate e cene fuori con amici. Lui pensa ai suoi obiettivi, al suo lavoro ed il suo lavoro, prima degli schemi da adoperare in campo, consiste nel far star bene i ragazzi che giocano con lui. Spesso è stato paragonato ad un padre, ad un amico, da quei ragazzi che, con lui, lavorano ogni giorno facendo delle loro vittorie un’unica grande vittoria per Walter. E’ lui stesso a dare un quadro del Mazzarri allenatore:
“Non sono un sergente di ferro, ho sempre agito così con i miei calciatori, come ben sanno i miei ex presidenti. Do e pretendo massima disponibilità, loro sanno che i miei due cellulari sono sempre accesi e che possono chiamarmi in qualsiasi momento e per qualsiasi motivo. Le multe? Valuto io se è il caso di punire o meno chi fa tardi, bisogna essere elastici. Le situazioni bisogna tastarle. Io gestisco tutto a 360 gradi, poi decide il presidente. Chiaro che dando loro fiducia pretendo sempre un rendimento alto, se così non fosse mi arrabbierei anche.”
Forse questo è il segreto per il clima sereno che si vede a Castel Volturno sempre, anche quando i momenti non sono particolarmente felici o facili da affrontare. I giocatori sanno che il mister è dalla loro parte, che sono una grande famiglia e che, in campo, il loro allenatore vuole vedere prima di tutto la passione. Gli schemi, le strategie, le tattiche, Walter le lascia da parte quando entrano in campo i ragazzi. E’ solo lì, con il suo sguardo rassicurante per dire a tutti che “lui c’è, per qualsiasi cosa lui c’è.”
Articolo modificato 20 Gen 2012 - 15:11