Un notevole potenziale inespresso. Una gloriosa ballerina obesa o che danza con un fardello ancorato al piede che ne ostruisce leggiadria ed agilità. Un “Picasso ubriaco”. Un poeta orfano di idee . Un soprano a corto di fiato. Meglio non usare la parola “tenore” per non solleticare la già fin troppo martoriata sensibilità del popolo di fede azzurra.
Così è apparso il Napoli ieri.
Così è apparso Britos in campo, alla sua prima ufficiale in campionato con la maglia azzurra, non ornata da lustrini e paillettes, né dal più sostanzioso decoro della vittoria, bensì da gelidi fiocchi di neve che ben si sposano con l’agghiacciante prestazione inscenata dal Napoli sul campo del Marassi di Genova.
Non è scontato venire a capo di un infortunio come la frattura del quinto metatarso senza trainarsi dietro lo strascico di qualche postumo, scomodo, fastidioso che si cela dietro l’angolo ed è pronto con velenosa astuzia a piombarti addosso, senza preavviso, con celere insolenza.
Questo è quanto sembra sia accaduto ieri a Britos.
Spaventato, intimorito, spaesato, smarrito, un pò come tutta la difesa. Spesso fuori posizione, colpevole al pari degli altri, non vi è dubbio. Gli errori “orrori” sono i soliti. Che portino la firma dell’uno o dell’altro componente della linea difensiva azzurra, cambia poco. Avrà risentito di quel fardello che arcigno aleggia nell’aria e che con ancor più veemenza incombe sul capo di quei tre che stanno lì dietro.
Dal punto di vista fisico, il totalitario recupero di Britos è scontato ed ampiamente assodato, quello che allarma è la flebile condizione psico-emotiva che ha accompagnato e caratterizzato la sua performance agonistica in campo.
Miguel Angel Britos è in questo momento il calciatore azzurro che, meglio di ogni altro, attualmente incarna le ambizioni vanificate del Napoli di inizio stagione.
Le aspettative, tante, così come i buoni propositi, in quel caldo giorno d’estate in cui ne fu annunciato il matrimonio con la maglia azzurra.
Per tanto tempo era stato inseguito, voluto, fortemente voluto.
Non era riuscito Bigon a consentirne l’approdo sulle sponde del golfo di Napoli durante il mercato dello scorso gennaio.
Avrebbe potuto forse, ma non ha voluto.
Per non ledere gli equilibri di quello spogliatoio coeso e sincrono, nonché altresì congiunto verso il conseguimento di quel prestigioso obiettivo, comunemente condiviso e da tutti fortemente ed inequivocabilmente ambito.
A Champions ottenuta i nuovi acquisti avrebbero dovuto assumere tutt’altro valore, sia in chiave di apporto e supporto, sia in termini di costruttività di utilizzo e di contributo da prestare alla causa, sia per quanto attiene l’ accoglienza a loro riservata da parte dei “veterani.”
In tal senso, l’infortunio di Miguel Angel Britos, maturato prima ancora che lo stesso calciatore potesse toccare un numero significativo di palloni, utile per certificarne e valutarne le reali potenzialità, ben incarna e rispecchia la stagione di cui la squadra azzurra si sta rendendo protagonista.
Tante le aspettative, così come le ambizioni, avvallate sulla carta, poche quelle tramutate in punti concreti sul campo. Più che significativo era stimato essere verbalmente il decantato apporto che i nuovi acquisti dovevano fornire alla squadra che tanto bene aveva fatto lo scorso anno, ma che in realtà stenta a tramutarsi in un dato di fatto concreto finora.
L’infortunio di Britos ad inizio stagione era portatore e premonitore, tra le tante cose, di un segnale chiaro ed inequivocabile, il cui significato allora era al quanto oscuro, era troppo presto per comprenderne il senso, ma oramai non vi è più spazio per dubbiose esitazioni: la Dea bendata della fortuna ha ufficialmente troncato la sua relazione con gli azzurri.
A farne le spese è stato il neo – arrivato Britos, prima di ogni altro, ma in molti altri protagonisti il fato avverso sta prontamente infliggendo i suoi ingiuriosi colpi e non in tutti i segni della sua infausta ferocia sono visibili.
Luciana Esposito