Il prestigio di lottare per vincere un trofeo spinge molto spesso oltre l’ostacolo, cancellando i presupposti statistici e, perchè no, differenze tecniche altrimenti determinanti. Allorchè la sfida di Siena possa essere trampolino di lancio per l’Europa cosidetta “minore“, seppur sempre di palcoscenici internazionali si tratti, la sfida dell‘Artemio Franchi può nascondere insidie di matrice extra sportiva. L’impegno contro la quart’ultima del campionato italiano potrebbe determinare una condizione psicologica pericolosa, spingendo la compagne partenopea ad affrontare l’impegno con fin troppa cautela, considerando il team senese un’avversaria abordabile, tenendo in considerazione anche la gara di ritorno al San Paolo, occasione ulteriore per ribaltare o comunque decidere il doppio confronto. La tesi potrebbe poi ulterormente avvalorarsi alla luce della mancata convocazione dei due perni principali dell’attacco bianconero, e cioè il nazionale under 21 Destro e quel Calaiò che tante freccie ha lanciato dall’arco azzurro quando ha vestito i colori azzurri negli anni della cavalcata dalla C, culminata con la promozione in A. Per restare concentrati senza lasciare nulla all’avversario, seppur in chiara difficoltà in campionato e “spuntata” in avanti basti ricordare una delle trappole più infami ed amare che la storia del Napoli possa mai ricordare, e cioè quella finale di Coppa Italia del ’97 strappata agli azzurri da un Vicenza che da lì in avanti smise i panni della provinciale, per sorprendere tutti, facendo faville anche in Europa, in quella che allore era ancora la compianta “Coppa delle Coppe” (ergo “Coppa con le orecchie”, come la si parafrasava allora). Dopo la partita di andata al San Paolo, dove gli azzurri vinsero di misura grazie ad un gol di Pecchia, a Vicenza una squadra dissoluta e svogliata, con una atteggiamento spavaldo quasi irritante, consentì la squadra allora allenata da un giovane Guidolin prima di pareggiare con Maini, e poi di colpire nei minuti finali del secondo tempo supplementare con Rossi e Iannuzzi, che liquidarono il Napoli allenato allora da Montefusco, lasciando una ferita che brucia ancora tutt’oggi. Quel Napoli peccava di carattere ed esperienza, oggi possiamo dire che le esperienze europee ad alto livello ed una certa malizia sotto l’aspetto caratteriale potrebbe indurre le sorti del match ad intraprendere una strada diversa, ma è pur sempre prudente considerare gli eventi storici come monito da evitare quando si affrontano squadre di un certo livello di blasone. Il Siena sarà anche in un periodo in cui non riesce a raccogliere punti per tirarsi fuori dalle sabbie mobili della restrocessione, ma non dimentichiamoci che ha fermato la Juventus capolista, mettendo in campo cuore e spirito di squadra, chiudendo tutti i varchi e concedendo poco o nulla agli avanti bianconeri. Bisogna mettere da parte i titoli e i palamares, allontanare i fantasmi di una retorica di blasone o di storie sportive, in campo si va per vincere e con il massimo dello scarto, per considerare la partita di ritorno una pura formalità. Che si metta in campo la cattiveria agonistica palesemente assente (in più ingiustificata) durante la gara contro i “diavoli” rossoneri di Allegri, è arrivata l’ora di rispolverare la bacheca azzurra e di andare a lottare con il coltello tra i denti per far posto ad un trofeo prestigioso come quello nazionale.
Riportiamo il tabellino di quella serata “maledetta” per i colori azzurri:
Vicenza: Brivio, Sartor, Viviani, Lopez, Beghetto M.; Gentilini (97′ M. Rossi), Di Carlo, Maini, Ambrosetti (18′ Iannuzzi), Murgita, Cornacchini (72′ D’Ignazio). Allenatore: Guidolin.
Napoli: Taglialatela; Ayala, Boghossian, Baldini F., Milanese, Crasson, (98′ Panarelli), Bordin (62′ Aglietti), Longo R. (72′ Altomare), Esposito M. Pecchia, Caccia. Allenatore: Montefusco.
Arbitro: Braschi di Prato.
Marcatori: 20′ Maini, 118′ M. Rossi, 120′ Iannuzzi.
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Articolo modificato 9 Feb 2012 - 12:49