Zambia
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Quando per la prima volta misi piede in Africa, notai in ogni colore la presenza di quel rame infuocato che pare impastato con l’oro e col sangue. Solo l’Africa possiede questo colore. In nessun altro luogo mi è riuscito di scorgere una sua sia pur lontana sfumatura. Sugli edifici, sugli alberi, a terra, nelle stanze degli uffici, sulle vetrate, sulla pelle degli africani, sui loro vestiti, ovunque vi batta il sole arido del giorno o vi si sparga il buio della notte, riflette quella tinta inimitabile che è la pellicola di un’epoca immortale.

Arrivai in Guinea Equatoriale nel 2008, periodo in cui iniziavano i preparativi per la Coppa d’Africa, che lì e nel confinante Gabon si sarebbe disputata nel 2012. Durante i miei mesi in Guinea notai quanto fosse discreta l’attesa dei guineani per quella manifestazione. Quattro anni erano troppi per condurli già ad atteggiamenti spasmodici e trepidanti. Allora ricordo che solo di tanto in tanto qualcuno accennava all’approssimarsi del grande evento,la Coppad’Africa, che avrebbe dovuto rilanciare, in Guinea, un’economia molto florida, almeno sulla carta statistica, ma molto poco su quella della vita. Trattandosi di un grande affare per i potenti signori del colonialismo, ai cittadini guineani e gabonesi la futura Coppa d’Africa avrebbe riservato la magia della manifestazione, come le suggestioni della savana e l’infinito africano. Così, io continuavo a fissarmi sul mio rame buio, colore di quell’altrove inesplorabile che era lo scenario guineano. E, a proposito del rame, c’è una storia che, con la conclusione della Coppa d’Africa2012, hatrovato un curioso compimento.

Il 28 aprile del 1993, l’aereo su cui stava viaggiando la nazionale di calcio dello Zambia, precipita al largo del Gabon. Durante il decollo da Libreville, un guasto tecnico manda in fiamme uno dei motori. Il pilota, inavvertitamente, lascia cadere il motore funzionante, l’aereo perde potenza e cade sulla costa gabonese. Nell’incidente perdono la vita 18 calciatori e 7 membri della federazione, che si stavano dirigendo a Dakar per disputare un’importante partita di qualificazione al campionato del mondo. Rifondata in pochissimo tempo, la nazionale zambiana non riesce a qualificarsi per i mondiali e, nel 1994, perde la finale della Coppa d’Africa contro la Nigeria.

Il rame è una delle principali risorse dello Zambia, che, senza sbocchi sul mare, prende il suo nome dal fiume Zambesi, nel cuore dell’Africa del sud. La miseria, negli anni, non ha risparmiato uno dei paesi più colpiti dal virus dell’HIV tra quelli dell’area subsahariana. La tragedia aerea in Gabon distrugge una delle squadre di calcio più forti del continente africano, e con essa priva il paese di un’altra importante opportunità.

In Africa al calcio sono applicate le stesse regole della politica. I calciatori migliori si trasferiscono in Europa, le nazionali non possono migliorarsi perché nei loro paesi mancano le infrastrutture per poter dare più spazio ai movimenti giovanili. E ogni manifestazione sportiva, se pur concede alle popolazioni un margine di allegria, ha come scopo primario l’operazione commerciale. Questa era l’intenzione chiara a tutti in Guinea, come in ogni altro paese dove si fosse svolta la massima competizione continentale africana.

In Guinea ho conosciuto molti africani che non fossero solo guineani. Gabonesi, ivoriani, maliani, camerunesi, tutti votati a un dignitoso silenzio e una indecifrabile ritrosia. Le leggi antiche e misteriose della foresta, che in Guinea faceva da confine ingombrante all’espansione urbana, lì sembravano estese anche al progresso. Le voci lontane, prestate alla stregoneria dello sviluppo, sembravano imporre rigore e durezza al di là di ogni legittima manifestazione umana. Come se un ordine remoto, ben al di sopra della dittatura, fosse stato imposto pure alla passione per il calcio. Eppure, nonostante lì avessi trovato squadre di calcio formate da ragazzi poveri, nonostante avessi visto di quanta disparità civile una città africana possa soffrire, nonostante il distacco da tutto, nonostante fosse così difficile per l’uomo avvicinare l’uomo, e nonostante tutto questo fosse di difficile comprensione, riscontrai comunque la volontà di votarsi a un lieve avvenire, da parte di tutti gli africani che incontrai in Guinea. E, se pur se ne stesse parlando ancora poco,la Coppad’Africa sarebbe stato un lieto pretesto. Ricordo che a ogni tramonto, a ogni luogo che visitavo, ovunque vi fosse uno sprazzo di luce che distinguesse lo spazio da ogni altra presenza, avevo davanti agli occhi quel colore tagliente che in Africa si annida senza interrompersi.

Lo Zambia ha partecipato alla Coppa d’Africa, edizione 2012, e ha vinto, battendo in finale, dopo una lunga serie di calci di rigore, la favorita Costa d’Avorio. La partita che ha dato la vittoria del torneo allo Zambia è stata disputata a Libreville, nel Gabon, proprio dove, nel 1993, la nazionale di calcio zambiana era scomparsa in un incidente aereo.

In Africa i calciatori dello Zambia sono soprannominati Chipolopolo, che vuol dire “Proiettili di rame”. Anche se questo continente infernale da secoli fa da riserva alle atrocità e alle sventure umane, forse scovando luoghi ignoti dove trovare rifugio alle sue anime clandestine, fa sì che niente sulla sua terra perisca. Nulla muore in Africa.

sebastiano di paolo, alias elio goka

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Scritto da
redazione