Oggi Napoli si sarebbe vestita del suo abito più elegante e pregiato per festeggiare il 59esimo compleanno di uno dei suoi figli più celebri: Massimo Troisi, se solo quel maledetto 4 giugnodel 1994 non fosse giunto a fargli visita un fatale attacco cardiaco che lo ha strappato alla sua terra, al suo pubblico, al suo glorioso destino, troppo precocemente, all’età di 41 anni.
Attore, regista, sceneggiatore, ideatore di un’innovativa comicità napoletana che in tanti, dopo di lui, hanno provato ad emulare e riprodurre, ma come lui, più di lui, meglio di lui, nessuno mai ha potuto e saputo fare, perchè, come recitano i versi della poesia che l’amico Roberto Benigni scrisse per commemorarne la scomparsa: “per lui non vale il detto che fu del Papa, morto un Troisi non se ne fa un altro.”
Sono trascorsi 18 anni ormai da quando la “signora morte”, con il suo avvolgente abito nero, ha fatto irruzione nella vita di Massimo, tentando di portare via con sé anche “Gaetano, Vincenzo, Tommaso, Mario” e tutti i molteplici personaggi ai quali Massimo ha dato corpo ed anima.
Ma loro, i suoi personaggi, non è riuscita ad ucciderli.
Loro sono scivolati via dalla sua asfissiante morsa e sono rimasti qui, eternamente con noi.
Loro non hanno mai smesso di parlare, di raccontarsi, di farci ridere. Anche se li abbiamo rivisti tante, infinite volte e quando arriva quella scena sappiamo che verrà recitata quella battuta, la prevedibilità lascia posto a quell’imprevedibile ed incontrollabile risata che solo Massimo con il suo estro è capace di sviscerare.
Perchè tutte le volte si ha la sensazione di cogliere un’espressione del viso, piuttosto che una frase o una parola che la volta precedente ci era sfuggita.
Rivedere, riascoltare e soprattutto sentire Massimo, ogni volta, è come farlo per la prima volta.
Nel corso degli anni le sue battute, più o meno celebri, sono rimaste sorprendentemente attuali, raccontano una realtà ancora veritiera, autentica, intrinseca, tangibile, riscontrabile, percettibile.
I suoi scatch, le scene dei suoi film, i filmati delle sue ospitate in tv, non sono mai passati di moda, non sono mai stati accantonati nel dimenticatoio, ma, giorno dopo giorno, hanno continuato ad intrattenere il suo pubblico, la sua gente e a farla ridere, sprigionando quelle risate genuine, incontenibili, intrise di quella semplice ed innata comicità di cui Troisi era portatore sano, capace di partorire quella leggera spensieratezza utile ad accantonare problemi e pensieri per qualche secondo, perchè quando arriva Massimo, con quella sua mimica facciale, quel suo modo di aggrovigliarsi tra parole ed intenzioni, quella suo modo singolare, unico, irriproducibile, spontaneo di raccontare e raccontarsi, non c’è posto per nient’altro che per il sorriso.
Anche se, quando la voce di Massimo cessa di giungerci all’orecchio, un’ombra di malinconia aleggia nel cuore ed avvolge i pensieri, perchè è inevitabile che, a tu per tu con il silenzio, si arrivi a concludere: “peccato che non c’è più” e ci si trova a fare a pugni con l’autocontrollo per non consentire a quel sorriso, che il gaudio di Massimo con estrema facilità ci ha donato, di trasformarsi in un broncio.
Quando ci si imbatte in quel volto, contornato da folti ricci neri, che anche quando è serio è capace di imprimere buon umore e di conferire un sincero sorriso e, ancor di più, in una giornata come questa, è inevitabile chiedersi: come sarebbe Massimo oggi?
Cos’altro sarebbe stato in grado di regalarci?
E l’aspetto più paradossale e commovente è insito nella volontà di soffermarsi ancora a pensare a lui e perseverare nel porsi degli interrogativi che sono destinati a rimanere irrisolti, ma che ben incarnano l’impossibilità di riuscire ad accettare quell’ estemporanea scomparsa, nonostante il tempo trascorso, perchè la grandezza dell’estro di questo prodigioso genio, non conosce tempo, né spazio, né dimensione.
Al cospetto della morte, non si è mai preparati, non si sa cosa fare o cosa dire, come comportarsi, cosa credere e verso quale sentiero condurre i pensieri. Lo siamo stati e lo siamo ancora meno, tutte le volte che siamo chiamati a confrontarci con un lutto così grande per l’intera città.
Perchè Massimo è uno dei pezzi pregiati che Napoli ha partorito per fare in modo che il suo nome divenisse rinomato in tutto il mondo.
Perchè Massimo ha “sporcato”, con la sua arte, le radici su cui si ancorano le ideologie partenopee e ha intriso di folkrore, passione e tradizione quel tassello presente in tutti i figli di questa terra ed è quella parte di noi napoletani capace di farci balzare dalla sedia per un gol del Napoli, di farci inferocire quando questa città viene denigrata e martoriata e di farci ridere quando Massimo mostra la ragione per cui è venuto al mondo, ma anche di farci commuovere quando ne ricordiamo la morte.
Questa è la ragione per la quale il mito di Massimo, la sua irripetibile essenza e quel suo dono fenomenale, continuano a vivere dentro di noi, nei nostri pensieri, nei nostri ricordi, ma soprattutto nei nostri sorrisi, in quella “risata da effetto-Troisi”, unica, che nella sua essenzialità contiene una miriade di sfumature, sapori, emozioni, ma soprattutto racchiude un pezzo di storia.
Questo è il modo più lecito e consono di ricordare Massimo ed onorarne la memoria: ridere con lui e grazie a lui, oggi e sempre.
Perchè da quando è volato verso il cielo, ha preso per mano la sua gente e l’ha condotta verso la migliore strada da perseguire per ricordarlo nel modo più sano e costruttivo.
Perchè, attraverso le sue opere, ci ha lasciato la medicina migliore per atrofizzare il dolore relativo alla sua scomparsa.
Perchè lui vorrebbe, anzi vuole, che la sua gente continui a ridere tutte le volte che, incessantemente, si dona a loro.
Perchè una persona muore davvero soltanto quando smette di vivere nei cuori e nei ricordi di chi lo ha amato quando calpestava questa terra, ed è per questo che Massimo è un mito destinato a vivere in eterno.
Luciana Esposito