Questa è forse la battuta più significativa di “Complici del silenzio”, il film di Stefano Incerti, che racconta, dagli occhi di un giornalista italiano, i Campionati del Mondo disputati in Argentina nel 1978, durante la dittatura militare con a capo il tenente generale Jorge Rafael Videla Redondo, che, due anni prima, aveva rimosso con un colpo di stato il presidente Isabelita Peròn.
I Mondiali in Argentina dovevano servire da paravento propagandistico alle persecuzioni del regime di Videla, e così fu. Nemmeno Adolf Hitler, con le Olimpiadi del 1936 a Berlino, compì un’operazione politica così riuscita, sul piano della conduzione dei risultati, come quella portata a termine dai generali argentini nel 1978. Nel 1936 Hitler dovette subire lo schiaffo morale e sportivo dell’atleta di colore Jesse Owens, che salì sul podio più alto in ben quattro competizioni, battendo anche Werner Seelenbinder, il forte atleta tedesco che, pur essendo militante comunista, era stato comunque selezionato dalla nazionale sportiva tedesca per disputare le gare. Pur di vincere, Hitler aveva addirittura “arruolato” un comunista. Ma non bastò, e il “colore nero” conquistò l’oro quattro volte, proprio sotto il naso del cancelliere tedesco, che abbandonò lo stadio durante la premiazione.
In Argentina, invece, le cose andarono in un altro modo, laddove, forse, non soltanto il governo argentino ebbe interesse a che la dittatura militare di Videla godesse del consenso popolare, attraverso quella Coppa del Mondo da molti definita “Mondiale della vergogna”.
Nel 1976 Jorge Videla istaurò una dittatura militare, che, nel silenzio generale del mondo, tra il ‘76 e il 1981 causò un numero imprecisato di vittime, tutti oppositori politici del regime dei generali. Decine di migliaia di persone, cittadini argentini e stranieri, furono imprigionati e torturati. Di molti di essi più nulla si seppe, dando modo alla Storia di battezzare le vittime del regime col nome di “Desaparecidos”, Scomparsi, che di lì a poco, a distanza di anni, un gruppo di madri coraggiose avrebbe poi elevato a esempio di dignità davanti al mondo.
Nel 1978 la giunta militare argentina decise di cogliere l’occasione dei Mondiali per diffondere nella media cittadinanza un senso rassicurante e glorioso intorno alle sorti della vita democratica del paese. Ma ormai, all’indomani dell’inaugurazione della competizione, nonostante la tacita e ambigua disattenzione dei governi di altre nazioni, l’attenzione planetaria non fu completamente distolta dalle atrocità commesse da quel governo in vesti di aguzzino. Simbolo delle torture e dei sequestri fu l’ESMA, Escuela de Mecanica de la Armada, la caserma dove, nelle cantine, durante gli anni della dittatura, si consumarono stupri, torture di ogni sorta, carcerazioni ingiustificate, e migliaia di esecuzioni, nella sistematica persecuzione attuata dalla giunta per reprimere nel sangue la voce di intellettuali, studenti, lavoratori, religiosi, professori universitari, e tutti coloro che, per amore del proprio paese, non riuscirono a sopportare l’impostura dittatoriale.
Il Campionato del Mondo di calcio fu la copertura mediatica per offrire al mondo un’immagine moderna e vincente di un’Argentina che, invece, nascondeva, nelle remote segrete di una delle più sanguinarie dittature della Storia del Novecento, gli orrori e gli imbarazzi di un sistema politico perfettamente allineato allo “stile sudamericano”, che, su induzione dei paesi più industrializzati, aveva imposto feroci regimi militari in Cile, Nicaragua, Brasile e in ogni altra nazione dell’America latina ove vi si fosse presentata la necessità di regolare la vita cittadina attraverso la violenza e la violazione dei diritti umani.
Prima dell’inizio della Coppa del Mondo, Johan Cruijff, capitano della nazionale olandese, si rifiutò di partecipare al Mondiale, motivando la sua assenza con il dovere morale di non prendere parte a una competizione sportiva dove si stavano consumando dei crimini contro l’umanità. La stessa azione di protesta fu intrapresa da uno dei calciatori più rappresentativi della nazionale tedesca, Paul Breitner, soprannominato il “Maoista”, a causa delle sue idee politiche. Una parte dell’attività giornalistica, e della militanza argentina, erano riuscite ad ottenere attenzione sui crimini commessi dalla dittatura, fino ad indurre al boicottaggio due calciatori così importanti. Già il 19 maggio del 1976, il generale Videla era stato protagonista di un pranzo che non passò inosservato. In quella occasione, infatti, Ernesto Sabato e Jorge Louis Borges, forse i due maggiori scrittori argentini del Novecento, insieme a Horacio Esteban Ratti, presidente dell’Associazione argentina degli scrittori, avevano chiesto informazioni, su alcuni intellettuali scomparsi, senza però ottenere notizie utili alle ricerche. Nel 1978, durante lo svolgimento dei Mondiali, i militari intensificarono i rastrellamenti, provvedendo anche alla cattura e agli allontanamenti di giornalisti “scomodi”, che stavano indagando sul regime di Videla.
Sono numerose le testimonianze dei cittadini argentini sopravvissuti alle torture e agli interrogatori delle milizie. Qualcuno ha dichiarato di aver assistito alle partite in televisione, dalle celle prossime alle stanze dei militari, riuscendo, di tanto in tanto, a capire come si stesse evolvendo il campionato. Ma quella Coppa del Mondo non fu soltanto il vestito elegante cucito addosso al corpo di un paese torturato fino nelle più intime sensibilità della dignità umana. Fu la tara sporca di un peso che la politica sentì di alleggerire proprio attraverso quel Mondiale destinato a un risultato programmato fin dall’inizio. Infatti, le autorità argentine, sia durante il periodo di organizzazione, che nelle settimane di svolgimento della manifestazione, perseguirono qualsiasi mezzo politico per creare le condizioni utili affinché l’Argentina ne uscisse vincitrice. E così fu. In finale, la selezione nazionale argentina, privata da una inspiegabile mancata convocazione dell’astro nascente Diego Armando Maradona, allora diciassettenne, riuscì a battere l’Olanda, “orfana” del suo capitano Cruijff, il calciatore simbolo degli anni ‘Settanta, che si era rifiutato di partecipare a quel Mondiale in segno di protesta. L’arbitraggio di Gonella, tra l’indignazione dei calciatori olandesi, fu a senso unico, regalando, così,la Coppa all’Argentina.
I festeggiamenti e la felicità, in seguito alla vittoria sportiva, per giorni e giorni abbassarono il volume della lotta di opposizione che era costata migliaia di vittime al popolo argentino. La macchina della propaganda, in stile tipicamente totalitarista, aveva raggiunto il suo scopo. Ma, un anno dopo, nel settembre del 1979, grazie a una parte dell’attività diplomatica internazionale, ma soprattutto grazie al paziente e rischioso processo di contrasto politico da parte delle famiglie dei Desaparecidos, insieme all’impegno dei giornalisti più attivi sul fronte dell’opposizione, la Commissione Internazionale per i Diritti Umani, in visita in Argentina, raccolse numerose denunce e testimonianze sulle atrocità commesse dalla giunta militare. Nel 1980 il premio Nobel per la pace, Adolfo Perez Esquivel, appoggiò con grande fermezza il coro di denuncia ai crimini di Videla, che fu rimosso dal suo incarico e, nel 1983, processato e condannato all’ergastolo. Ernesto Sabato, nello stesso anno, fu nominato Presidente della Commissione sui Desaparecidos. Dopo alcuni anni e dopo lunghe vicissitudini processuali, Videla è stato definitivamente condannato, grazie alla decisione della Corte Penale Federale Argentina che ha annullato l’indulto che gli era stato concesso dal presidente Menem.
Nel corso degli anni successivi ai fatti sanguinosi della dittatura argentina, tutto il mondo intellettuale, artistico e sportivo si è stretto intorno alla lotta civile delle Madri di Piazza di Maggio, movimento diretto alla conoscenza della verità sui Desaparecidos vittime dei crimini di Videla e dei suoi gerarchi. Purtroppo, molto poco è stato rivelato, a causa degli intrecci con un’ampia sfera della politica internazionale. Del resto, come disse Hubert Horatio Humphrey, “La politica estera è in verità politica domestica con indosso il cappello”.
Jorge Videla, negli anni ‘Settanta, era stato iscritto alla P2 di Licio Gelli, e con lui sedevano personaggi della politica, del giornalismo e dell’alta finanza che ancora oggi ricoprono incarichi importanti della classe dirigente nazionale. Prima del Mondiale del 1978, Gianni Minà, noto giornalista italiano, fu espulso dall’Argentina perché stava indagando sulle azioni politiche e poliziesche della dittatura. Oggi, Gianni Minà – tra i più attivi sul fronte sudamericano – che ha più volte denunciato la mancanza di etica professionale nelle redazioni dei giornali italiani, non gode dello spazio che sarebbe dovuto a un giornalista della sua esperienza. In Italia la sua voce è quasi scomparsa.
Il logo dei Campionati del Mondo del ’78 fu disegnato ispirandosi al caratteristico gesto del presidente argentino Juan Domingo Peròn, che era solito salutare la folla con le braccia tese sopra la testa, in segno di affetto per il suo popolo. Dopo che i militari rovesciarono il governo di Isabelita Peròn, vedova del celebre statista argentino, si accorsero troppo tardi del significato di quel simbolo. Non potendo più cambiarlo, per ragioni pubblicitarie, la giunta di Videla fu costretta a “tollerare” per tutto il corso della manifestazione l’immagine dedicata a Peròn.
Alla storia dei Desaparecidos sono stati dedicati libri, film, documentari e tanti momenti di toccante attenzione. Personalmente, ricordo di quando vidi sventolare alta la bandiera argentina sul confine col Paraguay. Anche se la verità fa ancora fatica a emergere dal peso di ragioni oscure, e il mare conserva con orrore la vile zavorra che scaraventò nel fondo dell’oceano i corpi di uomini e di donne che come unica colpa ebbero quella di desiderare la libertà per il proprio popolo, anche se i grandi poteri politici e finanziari hanno sostenuto a lungo le dittature sudamericane, anche se il ricordo e il pensiero che seguirà poca utilità conserva, una sola cosa sopravvive alle persecuzioni, sia pur esse esercitate nei modi più atroci. Il mistero della terra sudamericana dove palpita un cuore immortale che, pure sotto i colpi disonorevoli del martirio, accoglie e respinge senza che nulla possa dirsi realmente scomparso. E io l’ho visto.
sebastiano di paolo, alias elio goka
Articolo modificato 23 Gen 2015 - 15:33