Sono passati pochi giorni dalla gioia di martedì, veramente pochi e il nostro povero cuore è già pronto a reggere un’altra forte emozione perché sappiamo che questa partita è importante. Per la classifica, per l’orgoglio, per affondare l’Inter, per dare continuità ai risultati, per cominciare bene la settimana.
E allora siamo abbastanza carichi quando ci avviamo presto al San Paolo. Con qualche giorno d’influenza alle spalle, una mattinata di lavoro che fa sbadigliare fino ai tornelli e con i tre goal rifilati al Chelsea ancora ben impressi nella mente. E allora andiamo allo stadio come se non fossimo mai andati via veramente. Alle quattro riceviamo già una telefonata di chi è lì in fila anche per noi, è in preda ad una frenesia che non lo abbandona ed è facile farsi contagiare. Scatto dal divano, diavolo tentatore e soporifero, e corro allo stadio. Il nostro amico probabilmente è lì ancora da martedì, incapace di lasciare la nostra casa. Noi lo raggiungiamo subito. La famiglia non si lascia mai sola.
I cancelli si aprono alle 17:30 ed entriamo tranquilli; palpatina allo zaino, schiacciatina ai chicchirichì, ormai incapaci di entrare in curva integri. E forse porta bene così. Entriamo non prima di notare nella fila parallela una tifosa da incorniciare. Per il coraggio, per la classe, per l’eleganza. Pelliccia di visone, borsa di Luis Vitton e capello “mesciato”. E’ straordinaria. La fotografiamo, ovviamente. Entriamo e vediamo la signora, seguita da figlio o nipote con bandierina del Napoli, che si posiziona qualche fila più sotto, a sinistra. Apre una copertina azzurra su due sediolini e si siede fiera con la nuova generazione accanto. E’ nel bel mezzo della parte “riservata” ai gruppi. Immaginiamo la signora impellicciata che si strappa il povero animale da dosso e comincia a inveire, a cantare e a fare gestacci alla tifoseria nerazzurra. E subito dopo pensiamo che la signora non ha idea di dove potersi sedere in curva ed è più probabile che da lì a qualche minuto la scaraventino fuori dallo spazio riservato. E allora ci avviciniamo e le diciamo che forse è il caso di spostarsi qualche fila più su. Per il suo bene e per quello della sua pelliccia. E della sua borsa Luis Vitton. L’abbiamo ammirata abbastanza, possiamo tornare quei tifosi trogloditi che siamo e dedicarci al nostro pre-partita da Napoli-Inter.
Ovviamente, commentando il restringimento di porta ad hoc per la Juve, l’onestà di Buffon che ha candidamente dichiarato che non l’avrebbe detto se se ne fosse accorto, la presunzione dei tifosi bianconeri nel pensare di poterla recuperare comunque anche sul 2-0. A San Siro. Contro il Milan. Vabbè.
Parliamo, ovviamente, anche di Londra. La partenza è vicina e anche l’uscita dei biglietti. Cerchiamo di capire come fare, quali Santi smuovere e quanti termos di caffè portarci nell’eventualità della fila all’alba. E comunque ribadiamo che se anche dovessimo vedercela in un pub, andiamo lì a giocarci i quarti. E noi ci saremo!
Mentre attendiamo i nostri ragazzi che entrano, siamo per un attimo distratti da una vocina alle nostre spalle che chiede se può succedere che cominci prima la partita e se deve applaudire quando vede i giocatori. L’ingenuità e la tenerezza di una bambina, per la prima volta a 30 anni allo stadio, commenta qualcuno. Io mi chiedo come si possa essere così ingenui a 30 anni dal chiedere se si debba applaudire allo stadio. Davanti a noi un bimbo che si guarda intorno spaesato e divertito e quando cominciano i cori lo è ancora di più. Tra il “Ma dove sono capitato?” e il “E chi se ne va più da qui?”. Vent’anni fa io scelsi la seconda e, dopo la partita di ieri, molto probabilmente, anche lui.
Ore 20 circa, gli azzurri entrano in campo e l’applauso è forte, molto forte, perché comprende ancora il ringraziamento per martedì scorso. Ci hanno regalato giorni di video commoventi condivisi in rete, ore di goal visti e rivisti in tv e abbracci energici che non dimenticheremo. E loro lo devono sapere. Acclamiamo il Pocho. Non sapendo di farlo anche in via preventiva. Parte il nostro rito con i chicchirichì e attendiamo l’ingresso in campo.
Campagnaro è ignaro che il Carnevale sia finito ed è in campo ancora con la maschera di Sandokan. E fin dai primi minuti è chiaro che il Napoli c’è. L’Inter no. Noi abbiamo “Smaili” al posto di Hamsik, loro Milito e ‘o Biond’ in attacco. Loro hanno Sneijder che ci dà l’unico brivido di paura su una punizione, noi abbiamo Nagatomo che ha scelto di giocare con noi, almeno nel primo tempo. E dopo averlo nominato almeno 50 volte, c’è ancora chi, dopo 45 minuti, chiede chi sia il numero 55. Ironico, pensate. No. Trans agonistica.
Giochiamo, giochiamo bene, ma non segniamo. E ad ognuno il suo capro espiatorio. Davanti a noi un nostro amico entra in un loop e non ne uscirà più. “Smaili giocatore dello Stabia”. “Smaili solo nello Stabia”. “Smaili, sei la panchina dello Stabia”. Smaili sta per segnare e glielo vieta solo una gran parata di Julio Cesar. “Smaili, puoi giocare solo nello Stabia”. Smaili dopo un’azione personale, bella caparbia, scarica la palla su Lavezzi che di prima tira sul palo più lontano e segna. Esplodiamo di gioia e ci riversiamo tutti sull’ammiratore di Smaili.
Se ci fossero stati i tabelloni, forse avremmo letto: “Juve Stabia 1- Inter 0”. Amiamo i loop di quest’uomo. Così come adoriamo le battute lanciate nel silenzio, come quella al cartellino giallo per il Principe: “A Mlit’ t’amm’ammonito!A Casandrino t’ facimm’ nu mazz’ tant’!”. O così come ci piace fare ognuno la nostra parte sul rilancio del portiere avversario. Ad ogni rilancio tutta la curva urla “Bastardo!”, uno dietro di noi ribadisce: “Quella birichina di tua mamma” (più o meno), e qualcun altro sigilla con un: “AMEN”.
Questa è stata la nostra Napoli-Inter. Alla fine soffiamo tutti insieme sul colpo di testa di Pazzini, riuscendo a buttarla fuori, acclamiamo il Pocho che rientra per ultimo dopo l’intervista e ci salutiamo pensando alla cosa insolita di vedersi, per la prossima in casa, di venerdì.
Tornando, ascoltiamo in radio l’intervista a Cannavaro. Gli riferiscono una frase di un tifoso: “Non vedevo un Napoli così forte dall’87”, e lui scherza “Allo’ stamm’ nguaiat’!”.
No, Capita’. Siamo felici!
Articolo modificato 27 Feb 2012 - 11:40