Londra, sempre Londra, fortissimamente Londra.

E’ inutile che ci giriamo intorno. Abbiamo commesso il terribile reato di “distrazione da trasferta di Champion’s” e abbiamo pensato poco o nulla al Cagliari. Questo noi tifosi. E abbiamo peccato nel pensare che i giocatori potessero fare altrettanto.

Chiediamo perdono ai nostri azzurri per averli sottovalutati e ci godiamo questi altri sei goal visti al San Paolo.

Partita di venerdì sera che ti fa chiudere la settimana di lavoro in anticipo. Non male, anche perché così ti godi tutte le altre partite dal divano di casa in relax per tutto il week end. E puoi tirare i piedi a chi ci è davanti con una concentrazione maggiore. E pensi pure che, se la “seccia” dovesse cogliere, settimana prossima hai uno scontro diretto niente male per un sorpasso…Allettante. Ma torniamo al Cagliari e non ci distraiamo ancora.

Arriviamo con largo, ma non esagerato, anticipo, un minimo di traffico e zero fila. All’ingresso uno steward, evidentemente appena arrivato nel mondo del San Paolo, chiede ad un collega come faranno a passare il tornello le due persone fatte entrare con la Curva inferiore. Io lo guardo quasi divertita e gli rivelo un grande segreto: “Infilandosi con quello davanti! Che domande!”. Inutile nasconderglielo. Mi sembrava sinceramente preoccupato e mi dispiaceva.

Entriamo e lo stadio è semivuoto. E’ una di quelle partite che non attira gli occasionali. Tutt’al più qualche famigliola come quella che ha parcheggiato accanto a noi. Mi piace vedere tutti questi bimbi in curva, alla faccia di chi è convinto che sia un covo di bestie inferocite e volgari.

Il nostro pre-partita è caratterizzato dai commenti sullo scempio a cui abbiamo assistito per la vendita dei biglietti per il Chelsea.  Sito fuori uso tutta la giornata, sbloccato solo per pochi fortunati, file dalla sera prima con cariche inutili della polizia, tanto per far passare il tempo, biglietti magicamente finiti in un’ora, neanche il tempo di stamparli, bagarini che vendevano i tagliandi a 200/300 euro e anche di più sotto gli occhi di tutti. E quando dico tutti, intendo proprio tutti. C’è chi ha commentato che neanche più il Burundi vende i biglietti in questo modo assurdo. La camorra, perché di questo stiamo parlando, ha vinto anche sulla gioia di una trasferta europea e continuiamo a non essere tutelati da chi dovrebbe farlo. E chi dovrebbe farlo non è neanche girato dall’altra parte. Sta lì e guarda senza muovere un dito. Ma si sa. Esistono animali più feroci e altri più docili.

Ci guardiamo comunque negli occhi e sappiamo che in un modo o nell’altro questa partita la vedremo. Che sia allo stadio o in un pub. Londra ci aspetta e noi saremo lì.

Vedete?! Parliamo sempre di Londra. E’ evidente che è l’argomento del giorno, anzi, della settimana, ma non riusciamo proprio a concentrarci sul Cagliari. Lo facciamo solo quando uno di noi arriva e dice di aver visto il pullman dei rossoblu e di avergli dedicato qualche gesto di benvenuto e qualche parolina dolce. Allora andiamo via da Londra e torniamo al San Paolo. Ma anche tornando qui, non possiamo non notare lo stile British di chi è dietro di noi, in trench beige, cravatta, pantaloni classici e un’agenda rossa in mano. Capello perfettamente ordinato e atteggiamento composto. Non possiamo non notarlo e definirlo l’alter ego della signora in pelliccia della partita scorsa. Grande personaggio. E chiacchiera con chi, due secondi prima, aveva addentato un panino da circa dieci chili con diametro di circa un metro. Una lei che accogliamo degnamente nel nostro gruppo.

Ore 20 circa, gli azzurri entrano in campo. Rito scaramantico con i chicchirichì, saluto a Dalla con un accenno di “Caruso”, riscaldamento più lungo del solito, almeno così pare, qualche coro per Cellino, lancio di coriandoli industriali e non più manuali per l’ingresso in campo. Tutto pronto. Dietro di noi un gruppetto di new entries espongono uno striscione simpatico per il pocho: “Lavezzi non si tocca. POCHO chiagnimm’!”. Decidiamo di dargli il giusto risalto, ci abbassiamo per farlo vedere e applaudiamo. Siamo in curva e comportiamoci da curva. Con tutti. Loro ci guardano increduli, ma sono felici.

Inizia il Cagliari e c’è chi accanto a me dice al Napoli di scendere in campo. In effetti inizialmente stentiamo a carburare. Fino al primo goal. Un tappeto rosso steso ad Hamsik che mette dentro come un tiro come quelli del riscaldamento. Esplodiamo e tiriamo un sospiro di sollievo…il Cagliari si rivela poca roba, ma soprattutto abbiamo la conferma che a Londra con la testa ci stiamo solo noi. E  Campagnaro.

Arriva il secondo. Il Capitano. E se segna anche lui siamo felici! Arriva il terzo, autorete su cross del Pocho. E se si mette pure a segnare di sponda siamo tranquilli! La partita fila via liscia. Sul rigore, qualche malfidato con il ricordo a partite di Coppa Italia degli anni scorsi, ha dato per scontato che il pocho la mandasse in curva. E invece Lavezzi è pronto a smentirlo. E via il quinto.  E poi il sesto. Chiediamo scusa per la fretta, ma sapete com’è? Abbiamo un aereo da prendere…

Qualcuno perde il conto. Qualcuno si chiede se la mamma di Ibarbo sia Ibarbie, qualcun’ altro suggerisce di passarla al pocho, anche quando la palla ce l’ha uno del Cagliari e anche quando il pocho è in panchina.  Aronica si allunga in spaccata per recuperare un pallone e c’è chi lo paragona a Heather Parisi. Un raccattapalle non ha più palloni da dare a De Sanctis e un tizio che è davanti fa notare che non ce ne sono più perché li abbiamo messi tutti in rete. E l’ultimo rimasto decidiamo, anzi Campagnaro decide, di regalarlo a Larrivey, facendogli segnare una tripletta di testa. Da solo. Stesso goal in fotocopia. In realtà ne segna uno e gliene diamo tre. Il pallone è suo, i tre punti sono nostri.

Ci salutiamo felici. Con qualcuno ci diamo appuntamento a Londra, qualcun altro dice che sarà con noi con il cuore.

Noi porteremo con orgoglio un pezzetto di curva in terra straniera, alla faccia di chi in curva A pretende di essere l’unico a meritarlo.

 

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