La moda più quotata e diffusa per zittire i tifosi napoletani.
Il modo più semplice, rapido ed incisivo per imprimere nell’orgoglio partenopeo uno squarcio dal quale sanguina un’inarrestabile mortificazione.
Da Torino a Roma, le tifoserie della Juventus prima e della Lazio poi, hanno festeggiato la supremazia, conquistata dalle loro squadre sul campo contro gli azzurri, intonando “o’ surdato ‘nnammurato”, decretando, così, un momento “storico” per il popolo di fede azzurra che difficilmente potrà esautorare queste due pesanti sconfitte, marchiate, per giunta, dallo scempio della beffarda umiliazione.
Quella canzone, per i tifosi napoletani, simboleggia, narra, interpreta, esprime, incarna la storia d’amore che intercorre tra la loro e la maglia azzurra.
Quelle strofe hanno accompagnato i calciatori azzurri negli spogliatoi, dopo che avevano saputo rendersi autori, sul campo, dei più significativi e memorabili trionfi, tra l’entusiasmo e la commozione del pubblico del San Paolo, mai troppo stanco o appagato di successi per non intonare quelle parole a squarciagola e festeggiare così, sempre così, una vittoria.
Ormai, associate a quelle note, vi sarà anche l’amaro ricordo di questo turpe e profano sfregio che, al momento, proprio non vuole saperne di cicatrizzare.
Mai Napoli avrebbe ipotizzato che udire intonare le parole di quella celeberrima canzone, potesse sortire, nei suoi figli, sentimenti come collera, frustrazione, impotenza, oltraggio, desolazione.
Quest’atto profanatorio, la mortificazione inferta a questo popolo e al suo “soldato”, dovrebbero, devono essere una motivazione forte, utile ad imprimere nei cuori che battono sotto quelle 11 maglie azzurre, il desiderio di riscatto e di rivalsa, fondamentali per rialzare la testa e risalire la china della classifica.
Per dare un senso a quest’annata che ancora tanti punti ha da dispensare.
Per onorare i colori azzurri, la maglia e la storia.
Per restituire “O’ surdato ‘nnammurato” ai suoi legittimi custodi e proprietari.
Luciana Esposito
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