Sul film “Il paese delle spose infelici”, di Pippo Mezzapesa
Nessuno sa quale sia il sogno per eccellenza di un calciatore. Se alzare la Coppa del Mondo, giocare in una squadra blasonata o in quella per la quale egli ha sempre tifato, oppure ottenere un contratto milionario. Di certo esiste una cosa che innerva di adrenalina la spina dorsale di chiunque indossi una maglia di un paio di misure in più e dentro vi si agiti davanti ad allenatori sconosciuti e invecchiati anzitempo, nel fango insaponato dalla pioggia, davanti a un pubblico bofonchiante e sparuto, sullo sfondo della periferia industriale. È il passaggio dall’età della speranza a quello della realizzazione del suo sogno. E quale sia, a nessuno è concesso saperlo, perché solo quella fase obliante e transitoria conta più di ogni altro momento. Almeno una volta deve essere concesso, sia pur come diabolica e disumana forma d’incanto, quando l’orizzonte della meta si approssima rivelandosi all’approdo il colpo mortale di un’inattesa ritorsione. Ma verso esso si tende, senza che niente e nessuno riveli l’identità che occupa la destinazione della corsa.
In una scena del film “Il paese delle spose infelici” Zazà corre verso la porta con la maglia numero dieci, memore di una promessa e di una grande possibilità. Corre incontro agli avversari, li punta, li dribbla, uno per uno, nella fanghiglia di un vecchio campo della campagna pugliese, che gli ammorbidisce la progressione senza arrestarlo. Scartandoli sotto gli occhi increduli del suo allenatore, Zazà non impiega il suo campionario tecnico per sfuggire alla marcatura, ma per cercarla, guardando negli occhi l’affronto che la bellezza delle cose talvolta riserva ai suoi predestinati. Dove lo condurrà quell’azione tremenda e perfetta?
Il paese delle spose infelici è un film, uscito nel 2011, di Pippo Mezzapesa, tratto dal romanzo omonimo di Mario Desiati, pubblicato da Mondadori nel 2008.
In un paesino della Puglia, abita Francesco, detto “Veleno”, un ragazzino appartenente a una benestante famiglia borghese, attratto dalla vita dei suoi nuovi amici, ragazzi di famiglie indigenti provenienti dalla degradata periferia della Puglia siderurgica. Francesco, grazie all’aiuto e alle poco ortodosse iniziazioni di Zazà, suo migliore amico, entra a far parte, come portiere, di una squadra di calcio giovanile, la Cosmica, allenata da un mister romantico e severo, che vede in Zazà un grande calciatore, e per il quale riesce a organizzare un’amichevole con gli allievi del Bari, nella prospettiva di affidarlo al settore giovanile della Juventus. Ma Zazà, per poter realizzare il sogno di giocare in una grande squadra, ha bisogno di tranquillità e di restare lontano dalle insidiose tentazioni del suo habitat familiare.
Un giorno, Veleno e Zazà assistono al volo di una ragazza, Annalisa, che si lancia dal tetto di una chiesa e finisce sul materasso dei pompieri. È l’incontro che sconvolge la vita di entrambi, al cospetto di un’eterea e misteriosa presenza, l’Annalisa che prima li induce a pensarla come una prostituta, a causa dei pettegolezzi in paese, e poi li educa a una superstiziosa e inafferrabile predisposizione alle cose. I tre stringono un forte legame, fino a far precipitare Zazà e Veleno nel tormento di un amore represso e inconfessato, che non metterà a repentaglio la loro amicizia, ma tenderà trappole pericolose involontariamente disseminate da Annalisa, ragazza della quale nulla si sa, ma che sembra destinata a maledire chiunque s’imbatta sul suo cammino. Annalisa vive sola, in una vecchia villa di campagna, da dove ha inizio il tortuoso cammino dell’amicizia fra i tre ragazzi. Il fratello maggiore di Zazà, che intrattiene rapporti col mondo della delinquenza e della droga, regala a Zazà un coltello. L’arma completerà la simbolica liturgia di magia nera che pende sulle teste dei tre ragazzi. Passione, fuoco e sangue battezzeranno tre spiriti riuniti in una laconica trinità, vittima di un’improvvisa quanto tragica separazione. Alla fine, un sinistro e affettuoso “Fatti morbido Veleno”, pronunciato da Annalisa, sigla un nuovo inizio, figlio della spietata violazione imposta dalla selezione dei sentimenti.
Tutto il film è un unico momento. Sembra non esservi sosta tra una scena e l’altra. La trama è assorbita da un grande silenzio, che unisce tutti i personaggi in un unico respiro. Gli affanni e i tormenti delle loro giovani vite trovano sollievo nella poetica e maledetta periferia della periferia. Una Puglia arida e ritrosa, circondata da un tetro paesaggio industriale, conficcato in mezzo all’afosa pianura risolta da un mare che sembra un deserto, è lo scenario che confina un gruppo di ragazzi maturati all’ombra di inconfessabili storie personali, e già condannati a epiloghi anonimi e precari. Privi di speranze, e scomparendovi dentro, adottano il sogno di Zazà.
Valorizzato da una colonna sonora raffinata e da una notevole fotografia, Il paese delle spose infelici è stato selezionato per partecipare al Festival del Cinema di Roma.
sebastiano di paolo, alias elio goka
In foto, locandina del film. Da www.comingsoon.it