La Capitale è l’ennesimo crocevia dell’annata azzurra. Un nuova possibilità per dimostrare una maturità ancora latente. Anche perché questo campionato che vacilla tra equilibrio e mediocrità sembra premiare chi sbaglia meno e non chi merita di più. Dunque nervi saldi. A Lecce si è rivisto il Napoli aggressivo e concentrato dei tempi migliori, pur senza brillare sul piano del gioco. Ma in questa fase basta aver ritrovato l’unità di intenti e la caparbietà di perseguire un obiettivo comune. Ora come non mai bisogna crederci. E non è solo un inno dettato da spinte emotive. Ci sono tutte le componenti per giocare le ultime quattro “finali” al massimo delle potenzialità. Il calendario immette i partenopei su una corsia preferenziale dopo la serata capitolina.
Le contendenti, tra l’altro, destano parecchie perplessità e ogni giornata sembra tirare loro le orecchie, prendere il Napoli per il cravattino e imporgli di spiegare le vele. La Roma, bestia feroce e ferita, è impantanata nel suo progetto a lungo termine, ma la data di scadenza subisce modifiche settimana dopo settimana: ritmo altalenante e stabilità continuamente minata. La Lazio è incerottata all’inverosimile e i superstiti non sembrano reggere l’ultima mitragliata in termini di gare. L’Udinese è in debito d’ossigeno e senza i gol del suo capitano galleggia nell’anonimato. Resta l’Inter, rigenerata dalla cura Stramaccioni. Un gruppo d’esperienza che con il piglio giusto può recitare un ruolo da protagonista fino alla fine. Certo è che nelle ultime quattro gare affronterà il derby contro un Milan assetato di punti e chiuderà la sua stagione in casa della Lazio.
Stasera primo atto di un melodramma con ritmo crescente fino al 15 maggio, con un Napoli più compatto e guardingo che spregiudicato ed effervescente, almeno secondo le indiscrezioni della vigilia. Mossa sapiente, Mazzarri da buon cecchino sa dove poter colpire. Dzemaili ammirato nelle ultime settimane è il perfetto ago della bilancia nell’attuale mosaico partenopeo, anche in virtù di una condizione fisica complessiva piuttosto logora. Un sacrilegio farlo accomodare in panchina. Con Gargano morderà le caviglie dei giovani centrocampisti di Luis Enrique. L’obiettivo è inaridire le loro fonti di gioco, in modo tale da renderne sterile il palleggio simil-blaugrano, impresa riuscita perfettamente alla Fiorentina sabato scorso. Solidità e ripartenze, con Inler direttore d’orchestra, Hamsik e Cavani a sfruttare ogni piccola smagliatura dell’incauta difesa giallorossa. Lavezzi non sarà fuori. Ringhierà da bordo campo, pronto ad azzannare la Lupa quando sarà chiamato in causa. In fondo in serie A sono pochi i calciatori che come il Pocho sanno sfigurare il volto di una partita in corso.
Che le danze abbiano inizio. Senza mollare mai, battagliando su ogni pallone. Sudare la maglia come piace ai tifosi, dimenarsi senza perdere mai il senno. Gettare il cuore oltre la pista d’atletica, fino a fonderlo con quei 3mila che seguiranno ancora una volta gli azzurri all’Olimpico. Fino all’ultimo respiro, come recitava il titolo di un film di Godard degli anni ’60. Viaggiamo su una strada con diritto di precedenza, vietato intralciare il traffico per chi sopraggiunge dalle arterie esterne. Siamo noi i padroni del nostri cammino.
Articolo modificato 28 Apr 2012 - 17:34