In scena un Napoli concentrato, senza troppi fronzoli. Archivia subito la pratica palermitana, mette a segno due reti a distanza di pochi minuti, e la gara si mette sui binari giusti. Ritorna la formula solita, con il centrocampo a 4 con Hamsik e Pandev alle spalle di Cavani. La musica non cambia rispetto alle ultime gare, la squadra è in forma e il gioco gira, i ragazzi sembrano aver ingranato la giusta marcia in vista delle ultime due gare, con un occhio alle altre tre pretendenti, in particolare quella Lazio che sarebbe l’unica che avrebbe la meglio in caso di un arrivo a pari merito. Il Palermo dal canto suo è arrivato al San Paolo con uno spirito remissivo tale da sembrar sconfitto prima ancora di scendere in campo. Tante assenze tra gli uomini di Mutti, in particolare Miccoli e Balzaretti, uomini troppo importanti per una squadra effettivamente in difficoltà, priva di identità e fuori da un coinvolgimento emotivo che blocca lo spirito agonistico dei ragazzi rosanero. Tant’è che quasi mai la squadra siciliana è sembrata poter realmente rientrare in partita, mentre piuttosto avrebbe potuto sfruttare meglio l’inizio sprint, dove solo grazie ad un pronto intervento d’istinto di De Sanctis (stasera anche lui tirato a lucido per l’occasione, con almeno due interventi decisivi) il Napoli non è andato sotto di un gol. Ma il 4-4-1-1 risente di quella dinamicità che probabilmente Miccoli avrebbe saputo dare. Ilicic annienta l’estro di Hernandez, causa la sua lentezza sulla trequarti che lo rende quasi mai è in grado di innescare la giocata decisiva, stesso discorso vale per gli inserimenti, molto rari, di Bertolo, Barreto e Donati. E’ tutto qui il Palermo, davvero poco, meno di quello che c’aspettavamo. Immenso è invece il Napoli, che trova nei piedi di Pandev ed Hamsik le giuste leve per concretizzare una vittoria fondamentale per mettere pressioni alle contendenti per un posto in Champions. Goran conferma che sarebbe un delitto non provare a prenderlo, visto e considerato che è divenuto una delle “riserve” più utili del campionato. Mette Hamsik nelle condizioni di realizzare il 2-0, tocca palloni e smista giocate importanti, fondamentale per l’uno due, uomo sponda prezioso anche per Cavani, inoltre è lui a procurare il rigore su fallo di mano di Milanovic. Cosa chiedergli di più? beh, probabilmente di rimanere a Napoli, con qualche partita in più e scetticismi in meno. E poi Marekiaro, scultore e pittore di una gara d’applausi. Cosa gli è successo, non lo sappiamo, ma è certo che da quando ha posto la firma sul rinnovo del contratto, questo ragazzo è divenuto l’uomo della rinascita, colui che si è svegliato dal torpore che in qualche gara lo ha attanagliato fin troppo, contribuendo in maniera definitiva alla trasformazione della squadra da elefante a farfalla. Ed il volo della farfalla azzurra sembra non arrestarsi, grazie anche ad Edinson Cavani, il gladiatore, colui che non chiede mai, perchè in grado di prenderselo di prepotenza. Segna di rigore, risponde presente in ogni azione, tanto da arrivare spesso stanco a concludere o a dettare il passaggio finale. Quanta generosità matador, ventitre volte grazie per le giocate che hai mostrato alla platea, molte di più le volte in cui i tifosi lo hanno ringraziato per i recuperi, i passaggi, le respinte. Insomma, insostituibile Cavani. Che dire poi di colui che, con polmoni e cuore, ha fatto sì che i campo sembrasse raddoppiato, triplicato, quasi come un clone da film di fantascienza. E’ Gargano, piccolo grande maratoneta, ruba palloni, nè perde altrettanti, ma mette il centrocampo in superiorità ogni volta, e Donati e Barreto non riescono a prendergli le misure. E’ divenuto una delle pedine che il Napoli attualmente non è in grado di sostituire. Merito anche delle prove che Inler sta mettendo a disposizione della squadra, consolidando un valore che troppe volte era stato messo in discussione. Le critiche lo hanno ferito, ma non è morto, ed anzi ha rispolverato quell’orgoglio che oggi lo sta sostenendo, portandolo ai vertici di un centrocampo che, oggi, è uno dei più in forma del momento. Maggio e Zuniga hanno preferito contenere più che assistere le azioni d’attacco, badando molto alla famigerata fase passiva, tanto cara a Mazzarri. Soltanto Christian ci è sembrato poco lucido sotto porta, dimostrando che forse è meglio che la palla la dia appena riesce a trovare spazio sul fondo, senza provare a concludere dopo aver macinato distanze chilometriche. La ciliegina sulla torta è stata l’ottima prova della difesa, soprattutto sulle palle da fermo, tallone d’achille dei partenopei da tempi non sospetti. Eppure, Cannavaro e Aronica, assieme con Fernandez, quest’ultimo ancora troppo macchinoso, lento e spesso in vena di amnesie (quindi rivedibile), hanno apportato una radicale rivoluzione nel modo di affrontare calci d’angolo, cross sulle punizioni, e tutto ciò che arrivi in area di rigore da palle inattive, dimostrando una invidiabile concentrazione ed una dedizione al mettere in pratica ciò su cui si è lavorato in settimana, tale da far ben sperare per le prossime due gare. Già, due gare dal sapore di due finali di coppa del Mondo, perchè tale è l’importanza dei match contro Bologna e Siena, due squadre tranquille e senza stimoli, ma per questo pericolose e cariche di voglia di dimostrare il proprio valore. Il primo ostacolo è la squadra di Pioli, che, al Dall’Ara, ha costruito la propria salvezza, con un Diamanti sugli scudi ed un collettivo di invidiabile affiatamento. Tocca ora non deconcentrarsi e focalizzare l’obiettivo, che resta quello di vincere senza guardare le altre. Vincere, vincere e ancora vincere, senza aspettare di leggere gli altri risultati, perchè la miglior tattica è sempre quella di fare un gol più degli avversari, e se la squadra azzurra non dovesse farcela, pazienza, resterà una cavalcata entusiasmante senza che la testa abbia abbandonato il corpo, perchè la concentrazione per raggiungere gli obiettivi è uno dei principi fondamentali d una formazione che pensa ed agisce da grande. Vogliamo che ciò avvenga, senza esclusione di colpi.