Appena un anno e sembra esserci un abisso, il piedistallo su cui gli azzurri poggiano ha la scritta “fragile” marchiata sul retro. Gli addetti ai lavori parlano di un campionato privo di un’autentica terza forza alle spalle di Juventus e Milan, molti delusi dall’andamento proprio del Napoli. Ma diamo una sbirciatina ai numeri. Innanzitutto sembra evidente che la forbice tra le squadre in testa e il gruppone di followers si sia notevolmente ampliata, delineando un quadro molto simile a quanto accade in Spagna con l’egemonia di Barcellona e Real Madrid. Di sicuro un passo indietro per il calcio italiano. Il Milan chiuse la stagione 2010/2011 con 82 punti, seguito dall’Inter a 76. L’andamento attuale della stessa squadra rossonera e della Juventus di Conte può certamente ripercorrere quelle cifre.
Dietro lo sbando. Il Napoli, osannato dalla critica per aver disputato un torneo al di sopra delle aspettative, a due turni dal termine viaggiava a vele spiegate con 68 punti in cascina, ben 10 in più del tesoretto 2011/2012. L’Inter, seconda in classifica e avversario decisivo, distava solo 4 punti. Il Milan quest’anno ha il quadruplo dei punti in più sui partenopei, con una partita ancora da giocare. Statistiche impietose che vanno analizzate. Balza all’occhio immediatamente un aspetto: la squadra di Mazzarri in queste 36 giornate ha vinto con minore assiduità. Troppo pochi 15 successi rispetto ai 21 di un anno fa, 9 in casa e 6 in trasferta (contro rispettivamente 12 e 9). Più che raddoppiati i pareggi (da 5 a 13). Il ritmo di una tartarughina che ha infatti infranto i sogni scudetto dei tifosi partenopei da diversi mesi, mentre l’anno scorso fino al tonfo casalingo del 17 aprile contro l’Udinese di Denis si è a lungo strizzato l’occhio alla capolista Milan.
Focus su fase offensiva e difensiva. Le 64 reti messe a segno finora sono un bottino entusiasmante, nella passata stagione prima del rush finale ne erano state realizzate 8 in meno. Un attacco esplosivo difficilmente rimasto a secco (nel girone di ritorno solo a Milano sponda rossonera, in casa della Juve e al San Paolo contro il Cesena). Apporto determinante è stato quello di Goran Pandev, rifiorito in maglia azzurra, autore finora di 6 reti. L’indiscusso strapotere resta nei piedi di Edinson Cavani, 23 marcature rispetto alle 26 del 2010/2011. In tanti storcevano il naso non credendo ad una sua riconferma, il Matador ha risposto per le rime. Hamsik resta ai suoi livelli mentre Lavezzi, tra alti e bassi, è comunque alle soglie della doppia cifra e del suo record personale di segnature in Italia.
Passiamo al dilemma difesa, maltrattata e mandata al rogo (per giusta causa) in molteplici occasioni. Il rendimento del comparto arretrato azzurro è in calo se paragonato al cammino del’annata del ritorno in Champions (36 gol subiti allora, 43 fino a ieri sera). Ma non è un crollo verticale, sintomo di una lacuna già latente che andava tamponata con maggiore fermezza in sede di mercato. Anche perché gli stessi calciatori che già facevano registrare battute d’arresto ad intermittenza, quest’anno hanno cantato e portato la croce nell’infinita Via Crucis di impegni, massacrante a livello fisico e mentale.
Ma forse quei 10 punti di distacco dallo scorso terzo posto risiedono nell’incapacità della squadra 2011/2012 di vincere anche di misura, con equilibrio tattico e anche un pizzico di buona sorte, le gare che non meritava. Diversi partite decise da un lampo o negli ultimi secondi furono il cavallo di battaglia della formazione di Mazzarri un anno fa. Anche gli 1-0 modesti fanno la differenza. Paragonando gol fatti e subiti delle due annate se ne evidenzia una distribuzione disomogenea. Basti pensare alle critiche insensate piovute spesso su Cavani durante i periodi non eccelsi di questa stagione. Il motivo è semplice: pur conseguendo lo stesso bottino di reti della sua prima esperienza in azzurro, sono risultate spesso meno decisive. Senza dimenticare che l’anno scorso l’entusiasmo dei ragazzi e di una città intera era alle stelle, mentre soprattutto nei mesi scorsi è stato inghiottito da gioie e dolori della Champions. Il dispendio di energie era concentrato solo sul campionato, allora si dovrebbe nuovamente tornare a trattare il solito cruccio della rosa risicata.
Ecco che allora sul banco degli imputati, in una prospettiva non proprio ad ampio raggio, finisce la fase difensiva. Innegabile che alcuni strafalcioni siano stati eclatanti. Estraendo a caso dal cilindro, chissà senza quel tocco di mani di Dossena a Londra o con qualche disattenzione in meno nelle due uscite all’Olimpico oggi a cosa brinderemmo. A guardare bene però, così come l’anno scorso, la retroguardia guidata da capitan Cannavaro non ha fatto peggio delle nostre inseguitrici. Insomma andrebbe strutturata una riflessione ben più articolata su un problema dell’intero calcio italiano, da sempre patria del “catenaccio” e delle marcature arcigne, ora improvvisamente diventato più “ballerino”. Così le squadre che curano i particolari, oltre ad avere un potenziale tecnico superiore, ambiscono alla vittoria del torneo. Una grana da risolvere, perché se esportata nei match europei diviene letale. E il Napoli ha memorizzato la lezione. O almeno si spera.
Articolo modificato 2 Mag 2012 - 21:25