Gli azzurri, di contro, trovano nuovo vigore con una bella vittoria sul Palermo, dimostrando di saper essere ancora capace di praticare un buon calcio, quando la voglia e la concentrazione sono al massimo.
Napoli che si riscopre, una volta di più, in versione Lavezzi-Non Dipendente; una variante insolita in questi cinque anni di permanenza in Serie A, ove l’argentino non ha mai vissuto, se non in rarissime occasioni, lo scotto dell’esclusione dall’undici da titolare per scelta tecnica. Eppure, sia a Roma che col Palermo il tecnico ha fatto volutamente a meno dell’argentino ed i risultati sono quelli che tutti conosciamo.
Esclusione tecnica a parte, Lavezzi non gioca con le mostrine da titolare dalla Caporetto interna contro l’Atalanta, partita nel quale ha segnato la rete, la nona, che gli ha permesso di battere il suo record personale di reti in campionato. L’infortunio patito contro gli orobici è stata, per Mazzarri, una sorta di “provvida sventura”, nel senso che il tecnico ha dovuto obbligatoriamente optare, vista la contemporanea assenza di Pandev, per un nuovo modulo offensivo che prevedeva il solo Hamsik a supporto di Cavani e con Dzemaili a rinforzare la linea mediana.
Scelta redditizia, grazie alla quale il Napoli ha battuto abbastanza agevolmente il Novara ed il Lecce e mostrando non solo la solita efficacia sotto rete, ma anche una compattezza difensiva, dimostrata dall’imbattibilità di De Sanctis nell’arco dei 180 minuti delle partite succitate. Poi l’altalentante partita di Roma, con la squadra che cambiava radicalmente volto con l’innesto di Pandev nella ripresa e la rinuncia a Lavezzi che sarebbe entrato solo a venti minuti dalla fine, giusto in tempo per il pareggio giallorosso.
Si arriva alla partita di martedi, ove Hamsik, Cavani e Pandev guidano la squadra alla legittimazione del terzo posto. Il macedone inventa, lo slovacco e l’uruguaiano concretizzano. Una macchina che appare collaudata e che può dare ulteriori benefici fino al termine del campionato e perchè no, anche per la finale di Tim Cup.
Una condizione che però apre un interrogativo non di scarsa rilevanza. Ma adesso, sarebbe giusto tornare a Lavezzi? Proprio in questo delicatissimo frangente del campionato Mazzarri, mai come in queste occasioni, sta dimostrando di tenere alle sorti della squadra piuttosto che beneficiare il singolo giocatore. E’ oggettivo e non un semplice considerazione personale, che Pandev attualmente sia una condizione fisica e psicologica ampiamente superiore a quelle dell’argentino, probabilmente influenzato dalle indiscrezioni che lo vedono lontano da Napoli a fine stagione.
E’ normale che fare panchina non fa piacere a nessuno, tanto meno ad un giocatore che a Napoli è sempre stato considerato un intoccabile e che adesso vive un periodo di buio, costituito a partite da vivere in disparte, lontano dai riflettori, posto dove mai era stato accantonato per così tanto tempo. Lo si vede scuro in volto, l’argentino, a dispetto anche dei suoi sorrisi ammiccanti che dispensa tra in compagni di panchina, ma non sono sorrisi di gioia e serenità, ma piuttosto dettati dal nervosismo del momento.
Nervosismo che una volta in campo, a Roma come contro il Palermo, si trasforma in indolenza e inefficacia. Nei due spezzoni che Mazzarri a concesso al Pocho, nulla di rilevante si può annotare sul suo taccuino, se non passaggi a vuoto e palloni persi. Troppo poco per chi la maglia da titolare la deve riconquistare e sudare suon di belle prestazioni. Riconquistare il posto sudando la maglia; qualcosa a cui l’argentino non è stato mai abituato. Lui, trattato a Napoli e nel Napoli da primadonna ed idolo quasi come il Maradona dei tempi d’oro, ma che adesso è oscurato dai gol di Cavani e da Pandev, un degno sostituto come a Napoli non ve ne sono mai stati.
Troppa la differenza tra Lavezzi e i vari Santana, El Principito Sosa, Hoffer, Dumitru, solo per fare alcuni nomi, giocatori chiamati, storicamente, alla sostituzione dell’argentino, ma con esiti piuttosto scadenti. Pandev, al contrario di questi ultimi, riesce a dare al Napoli quel tasso di qualità e di classe che permette di sopperire anche all’evidente differenza attitudinale con il Pocho. Molto più atletico l’argentino, molto più fisico e stilisticamente di classe il macedone.
Ma, al di là di disquisizioni puramente tecnico-tattiche, la questione Lavezzi va affrontata sul piano psicologico. Il giocatore con la mente, sembra lontano da Napoli e le voci di un possibile addio al sodalizio azzurro, varie ed insistenti influenzano negativamente l’ambiente. L’Inter sembra, attualmente, in pole-position, ma De Laurentiis vorrebbe monetizzare al massimo la cessione dell’argentino con 31 mln in contanti. Cifra altisonante che in Italia nessuno potrebbe permettersi. Ecco che potrebbe spuntare la pista estera che porterebbe l’argentino alla corte degli sceicchi. PSG e Manchester City, in questo senso, sembrano avanti ma anche l’Anzhi pigliatutto e lo Zenith seguono attente le evoluzioni sulla vicenda.
Offerte a parte, c’è anche l’insofferenza dell’argentino verso una città che forse gli ha reso la vita (privata) troppo difficile, un pò come accaduto on Maradona, anni fa. Da questo punto di vista, è comprensibile la volontà di Lavezzi di lasciare Napoli, desideroso forse di vivere più intensamente la sua vita sociale più di quella da calciatore.
Ma per il momento si tratta di chiacchiere, che troveranno fondamento solo dopo il 20 Maggio, quando si chiuderà ufficialmente la stagione degli azzurri. Solo allora e non prima, l’attenzione di dovrà focalizzare su questioni di mercato. Sarebbe un suicidio anteporre le questioni del singolo e quelle della squadra, quando in ballo c’è una qualificazione in Champions ed una Coppa Italia ancora da conquistare.
Lavezzi fa parte ancora di questo progetto ed ha il dovere di dare il massimo, anche per una forma di ringraziamento e di rispetto verso la società ed il pubblico che lo ha reso quello che è adesso, poi a stagione finita, sarà libero di fare le sue scelta che sia con il Napoli o altre squadre. Il Napoli andrà avanti ugualmente; una squadra ed una città che ha vissuto adii di calciatori di ben più alta caratura e d’altro canto, e che saprà far fronte anche ad un eventuale addio del Pocho.
I giocatori vanno e vengono, la maglia resta ed è quella che va difesa e tifata, sempre e comunque. A prescindere da chi la indossa.
ANTONIO SALVATI
Articolo modificato 3 Mag 2012 - 14:47