Maradona: “Sono sempre innamorato della mia Napoli. Io non sarei mai andato in un’altra squadra”

Era il 10 maggio del 1987 quando il Napoli si laureò per la prima volta Campione d’Italia. A portare la squadra al trionfo fu il suo capitano Diego Armando Maradona e il Mattino, nell’edizione odierna, ha voluto sentire proprio il “Pibe d’Oro” per ricordare quei fantastici momenti.

“Io sono sempre innamorato della mia Napoli e di quella maglia azzurra. E l’augurio che faccio a tutti i tifosi è che presto possano far festa per un altro scudetto”. Lo chiamano ancora Dio, in Argentina. Qui a Napoli resta il più magico dei giocatori che ha mai calcato l’erba del San Paolo. 10 maggio 1987: quel giorno è sempre più vicino, comunque. Anche se sono passati 25 anni. “Mi sembra ieri, una emozione unica. Il mio cuore adesso è lì, in ogni angolo della città dove si farà festa ricordando quello scudetto”. C’è Maradona che piange di felicità, dopo aver avuto la certezza dello storico titolo. Piange a due passi dagli spalti. “Ho pianto poche volte su un campo di calcio. Quel giorno non era un giorno come gli altri”. Lo avrebbe fatto solo un’altra volta: ai Mondiali del 1990 quando, dopo aver perso la finale, col suo orgoglio calpestato dai tifosi italiani. Angelo Pisani, l’avvocato napoletano del Pibe de Oro, sistema il telefono dello studio: Maradona, il più sublime interprete planetario del gioco del calcio, è a Dubai ma sembra che sia dietro l’angolo. La sua voce è inconfondibile. Come il suo italiano.
Le dispiace di non essere qui?
“Da anni sono triste per non poter ritornare a Napoli quando voglio. Ma oggi lo sono ancora di più. I miei ex compagni fanno festa, li saluto. Vorrei rivedere tutti. Eravamo un grande gruppo, una grande famiglia. Altrimenti non avremmo mai potuto battere le grandi squadre del nord”.
Quello scudetto vinto, il primo della storia del Napoli, resta una delle gioie più belle della sua carriera?
“È vero. Con il Mondiale vinto in Messico con l’Argentina. Solo che quel giorno feci festa a casa mia, davanti alla mia gente. A Città del Messico il mio popolo era lontano”.
La partita con la Fiorentina, la ricorda?
“Quell’anno ricordo tutto: la vittoria a Brescia, quella all’Olimpico contro la Roma, quelle contro il Milan, la sconfitta di Firenze…Tutto. L’ultima partita al San Paolo, poi, la notte eravamo tutti in ritiro, nella stanza di Carmando a guardare la tv e a parlare tra di noi. La festa poi fu bellissima, durò giorni e giorni. Non ho mai capito perché il Napoli ci mise 60 anni per vincere uno scudetto. Aveva ed ha un pubblico fantastico”.
Una volta disse che vincere uno scudetto a Napoli era come vincerne tre e mezzo alla Juventus?
“E credo che sia rimasto ancora come allora. Però battere la Juve (dice sempre Giuve, come a quei tempi, ndr) era un’impresa fantastica. Noi ci riuscimmo e ricordo quella vittoria come se fosse ieri”.
Era difficile vincere al Sud?
«Difficile ma bellissimo. Ricordo l’entusiasmo per lo scudetto, i tifosi, gli striscioni, i cori. Abbraccio tutta Napoli per le emozioni che mi ha dato. Il mio cuore adesso è con loro. Come lo era allora”.
Lavezzi vuole lasciare Napoli?
“Capitò anche a me di voler andare via. Può capitare. Io non sarei mai andato in un’altra squadra italiana. Tutti mi dicevano che pure Sivori aveva giocato sia con il Napoli e poi con la Juve ma io non mi sarei mai immaginato con una maglia diversa da quella azzurra in Italia”.
Sa già quando tornerà in Italia?
“Mi auguro che questa assurda faccenda finisca presto. Ho fiducia immensa nei confronti del mio avvocato”.
Sarebbe venuto a Napoli altrimenti?
“Sono molto impegnato qui, fare l’allenatore a Dubai è molto complicato. Ho un contratto lungo, mi diverto e mi piace. Ma Napoli è nel mio cuore e lo sarà per tutta la vita. Come lo sono gli affetti più cari”.

Fonte: Il Mattino

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