“Noi non supereremo mai questa fase”. Sulle note iniziali di Baba O’riley dei Who, in una delle scene più significative di Febbre a 90°, il piccolo Paul Ashworth ammonisce il padre che, dopo avergli promesso i biglietti per la partita, vorrebbe distoglierlo dall’opportunità, definendola una fase da superare. Paul, in un lampo diventa adulto, respingendo, con la sua granitica e laconica battuta, ogni ipotesi di ripensamento. Ed è la restituzione di un’educazione alla più profana delle religioni. Il calcio. È il figlio che rieduca il padre, è il risultato di un diffuso esperimento che si ritorce contro il chimico. La creatura, ormai ammaestrata alla passione, rifugge l’idea di smarrirla, di ridimensionarla. Quando anche il credo più triviale e popolare manomette le funzioni vitali della fedeltà, ogni tentativo di rimettere le cose al loro posto sortisce effetti indesiderati. Non chiedere a un tifoso di smettere di esserlo e otterrai il più fermo e brutale dei no. La negazione fa le veci della violazione se si cerca di ricondurlo sulla retta via della razionalità. È una coscienza che entra in crisi, armandosi di una corazza fusa nella nevrotica contestazione a ogni sintomo di disinnesco. Lasciate che un tifoso cresca dentro il mondo con la testa fuori del mondo.
È l’Arsenal di Nick Hornby. La “febbre” del suo romanzo di calcio popolare, i novanta gradi che sono una partita unica dentro la vita smisuratamente folle e incomprensibile di un uomo che lega i suoi umori, le sue angosce, i sui sentimenti, il suo lavoro, persino la sua felicità, alle sorti ignote della sua squadra di calcio. Una tragedia ridicola da vetrina dell’Ottocento. Una favola tenera e cruda della periferia di una belle epoque trasferita ai giorni nostri.
Febbre a 90° è un libro autobiografico scritto, all’inizio degli anni ‘Novanta, dal britannico Nick Hornby. Il testo, in Italia pubblicato da Guanda, racconta del rapporto del suo autore con la sua squadra del cuore, l’Arsenal, storica compagine londinese. Attraverso piccoli saggi relazionati a un ventennio delle partite dell’Arsenal, l’autore narra avvenimenti particolari della sua vita, inevitabilmente intrecciati alle vicende dei Gunners (così sono soprannominati i calciatori dell’Arsenal) e dei suoi campioni. Il romanzo di Hornby ha ottenuto notevoli e autorevoli riconoscimenti, soprattutto perché da molti considerato un testo capace di rappresentare l’essenza della percezione popolare rispetto al gioco più popolare del mondo.
Il soccer di Hornby è veleno per la serenità, tormento istituzionalizzato, ma è pure l’antidoto per l’inquietudine e l’instabilità del tifoso che a tutto saprebbe trovare rimedio, ma mai a quella corrosiva condizione di adepto del calcio e della sua squadra. Che la sua fede gli somministri dosi gioiose o gli sottragga il sonno e la tranquillità, lui manifesta una totale e incondizionata immunità allo smarrimento di quella fede.
Il libro di Hornby ha ispirato due film. Una produzione inglese, di omonimo titolo, del 1997 e un remake americano del 2005, intitolato L’amore in gioco. Il film Febbre a 90°, diretto da David Evans, tratto dal libro, ruota intorno ai fatti personali di Paul Ashworth, interpretato da Colin Firth, insegnante dai metodi non proprio ortodossi, che forma i suoi alunni come fossero una riproduzione scolastica di un gruppo ultrà. Rimasto folgorato da una volta in cui da bambino fu condotto allo stadio dal padre per assistere a una partita dell’Arsenal, Paul ha fatto proprio il trauma infantile che lo ha iniziato a un calcio misura di tutte le cose. Le cose per lui si complicano quando deve confrontarsi con la mentalità, completamente diversa, della donna della sua vita. Sarah Hughes (Ruth Gemmell), è una collega dai metodi rigorosi e razionali, che metterà in crisi il pensiero e i sentimenti di Paul, fino a quando, entrambi, nella spontanea e, allo stesso tempo, indotta dagli eventi, comprensione reciproca ritroveranno il metodo della condivisione.
La trama del film attraversa i ricordi di Paul, le sue difficili vicende familiari e la sua precaria carriera di insegnante. Dalla tragedia di Hillsborough, dove morirono tanti tifosi del Liverpool, all’incredibile campionato vinto proprio dall’Arsenal nel 1989, un andirivieni di stati d’animo scandisce l’evolversi della condizione interiore del protagonista, ossessionato dall’unico desiderio della sua vita, vedere l’Arsenal campione. Desiderio che si avvererà proprio quando anche la sua ragazza, Sarah, intuirà che l’Arsenal per Paul è l’infanzia interrotta dalla separazione dei genitori e da un probabile deludente atteggiamento di suo padre, frustrazione colmata dall’affetto che il giovane ricerca nell’indennizzo sentimentale della passione sportiva, incipit di quei rapporti familiari bruscamente interrotti.
Febbre a 90° diventa così un’idea, un modello estetico, letterario e cinematografico, votato a un romanticismo che non relega il suo protagonista all’isolamento, guidandolo, invece, verso la liberazione dalle sue nevrosi e dalle sue paure di uomo, mescolando il suo presente all’euforia popolare, pronta a soccorrere sia Paul che Sarah, al momento dell’inatteso ma tanto sperato trionfo di una squadra di calcio. Ed è vero quanto il piccolo Paul rimprovera al padre. È una fase insuperabile.
Il romanzo Febbre a 90° è stato pure aggiunto al pacchetto disponibile per gli abbonati dell’Arsenal, per la stagione 2005-2006. L’Arsenal fu fondato a Londra, nel 1886, da un gruppo di operai del Royal Arsenal. Da un arsenale, un luogo d’armi, è nata una delle più gloriose squadre del calcio inglese. Nonostante i Gunners, i “Cannonieri”, vantino consenso presso noti esponenti della Casa Reale inglese, la loro storia ha origine popolare. Anche questo è insuperabile.
sebastiano di paolo, alias elio goka
immagine, copertina del libro
Articolo modificato 23 Gen 2015 - 15:46