L’alba di una nuova avventura. Il Napoli da martedì è a Dimaro per preparare la stagione che è alle porte, accolto dall’affetto di una cittadina tinta d’azzurro. La Supercoppa incalza, gli azzurri inaugureranno il prossimo anno calcistico e godranno subito della luce dei riflettori. La tappa Pechino già può essere fucina di certezze e allarmi. Molto probabilmente ci presenteremo alla prima privi di Edinson Cavani e replicare l’impresa del 20 maggio diviene sempre più arduo. Ma da cosa riparte questo Napoli? Proviamo a sintetizzare in tre aggettivi lo stato d’animo dei primi vagiti.
SOLIDO. La cresta di Marek Hamsik ne è la testimonianza. I partenopei si affidano ai propri pilastri, vettori granitici nel successo di un progetto che fin dagli esordi ha garantito una crescita step by step. Lo slovacco ha agguantato le redini del gruppo, le sue parole d’amore e di sfida sono quelle di un vero leader. Le lacrime di Paolo Cannavaro quando ha sollevato quel trofeo tanto atteso hanno attraversato il viso di ognuno di noi. Da uno scugnizzo purosangue ci si aspetta il massimo impegno per portare in auge la città, balzella in un eterno limbo tra vittima di critiche ingenerose e idolo della folla. Non so se è il caso di spendere elogi per Edinson Cavani, il bomber che “non potrà mai replicare la scorsa stagione“, come dissero le malelingue ad agosto scorso. Boom boom: altre 33 reti tra campionato, Coppa Italia e Champions. Trentatre. Una cifra quanto meno simbolica per il cosiddetto “atleta di Dio”. Sono i numeri finora a parlare per lui, le disquisizioni su offerte e ingaggi le lasciamo volentieri a chi si illude di poterlo schierare nella propria rosa. Ci sono (o meglio ci saranno dal 21) le parate di De Sanctis e i chilometri macinati da Maggio, vogliosi di liberare nell’aere quell’urlo di gioia strozzato ad inizio mese da quattro bicchieri di sangria. Inler e Gargano, una coppia che dialoga, come la sorpresa Dzemaili e il redivivo Campagnaro. Occhi puntati su Goran Pandev dopo il doppio riscatto da quando veste l’azzurro, prima in campo nella scorsa stagione e poi sul piano economico con l’acquisto del suo intero cartellino dall’Inter. Sarà lui il titolarissimo prescelto alle spalle del Matador. Insomma i soliti volti sono in posizione di combattimento. Basterà?
PAZIENTE. La società, stuzzicata da media e tifosi affinchè cancelli lo zero dalla casella acquisti, si muove con cautela per evitare di dilapidare il tesoretto come accaduto in altre sessioni mercato. La fretta è cattiva consigliera, ma anche l’eccessivo stato di quiete può presagire una tempesta. E’ vero anche che in Italia nessuno sta facendo sfracelli, c’è la dovuta parsimonia nella gestione di patrimoni già esigui. Il Napoli non è assolutamente in letargo, Bigon sta sondando varie piste per estrarre almeno i tre innesti richiesti da Mazzarri (difensore di peso, esterno sinistro e centrocampista di sostanza). Magari si sta procedendo a fari spenti, ma un sussulto a breve pare d’obbligo. Anche perchè ci sono da considerare i tempi di rodaggio per consentire alle new entries di amalgamarsi con il resto del gruppo ed inserirsi nei meccanismi del tecnico, com’è noto molto pignolo su quest’aspetto. Ma la pazienza non è un fattore da misurare solo nelle decisioni ai vertici. Fiducia e serenità sono richieste a tutto l’ambiente, infuocato ed ambizioso più che mai. Finora il presidente De Laurentiis non ha mai tradito le attese ed è ingiusto mostrarsi troppo pretenziosi. La sua politica low cost e dedita a coltivare giovani promesse va rispettata e semmai criticata ai titoli di coda, quando i risultati agiranno da giudice supremo. Nel frattempo occorre unità d’intenti tra la piazza e i suoi beniamini, evitando di assalire l’entourage partenopeo alla prima battuta a vuoto.
TEMERARIO. Nell’ottica di una platea tradizionalmente esigente alcune manovre del Napoli appaiono audaci. L’erede di Lavezzi è il leit motiv di questi mesi estivi e si spera di non tramutarlo in un pungente rimpianto in quelli invernali. La volontà di puntare sulla nuova primavera di Pandev e sul talento acerbo (per motivi diversi) di Insigne e Vargas, è un tantino azzardata. Nonostante l’entusiasmo popolare (giustificato) per il rimpatrio del napoletano ex Pescara, pensare con questi presupposti di vivere da protagonisti le tre competizioni annuali non ci può far dormire su quattro cuscini. Tornare ad essere vincenti subito, è questo il dubbio che attanaglia. Essere nè carne nè pesce spaventa. E’ tangibile il rischio di rimbalzare senza tregua tra i primi 4-5 posti in classifica e fare da comparsa nelle coppe come fossimo la pallina di una roulette. E le parole di mister Mazzarri nella conferenza stampa di ieri (“Si conoscono le mie richieste, ma non è detto che la società possa accontentarmi”) fanno trapelare una fase di stallo che mina il cuore dei nostri desideri. D’altra parte il quadro della dirigenza è dipinto e, come detto, non si può scheggiare a priori. La linea di pensiero secondo la quale l’organico è già competitivo e va al massimo rimpinguato con oculatezza viene difesa a spada tratta. Ma ci si ricordi che questa squadra, spremuta fino all’osso, ha sempre traboccato dalle qualità possedute sulla carta. Le stelle saranno sempre dalla nostra parte? Sapremo ben presto fino a quando e con quali mezzi sarà tracciato questo percorso.