C’erano una volta tre tenori: e ora, abbagliati dal sole (e dal calcio) d’estate, illuminati da quelle stelline capaci d’accendersi a fiammate, il dubbio sorge spontaneo. E se i tenori, un giorno, passassero a cinque? La parola più abusata nel calcio è «progetto», che, guarda un po’, rappresenta anche la filosofia di gestione meno utilizzata: e nell’era dello spending review, ciò ch’emerge dal vuoto pneumatico di questo bimestre di bla-bla-bla, tra recessioni e tagli netti, è la solida lungimiranza del Napoli, capace d’estrarre dal proprio cilindro due ipotesi di campioni, due speranze lasciate brillare nel cielo terso del calcio italiano. Il tempo è un galatuomo, certo, e saprà svelare la reale consistenza di Eduardo Vargas e poi chiarirà – e forse definitivamente – quali siano i margini di miglioramento di Lorenzo Insigne: intanto, per gradire, l’eco di Napoli-Bayern garantisce già di suo l’effetto specialissimo di quel tandem di perfide, amabili, giovanissime canaglie, una miscela di talento in salsa partenopea e sudamericana sulla quale è valsa la pena scommettere.
Il quarto Napoli di Walter Mazzarri ricomincia dalle certezze d’un gruppo che s’è consolidato in laboratorio attraverso la «ricerca» tattica, l’evoluzione e il lavoro «oscuro» d’un club che ha rotto gli argini della banalità sin dal suo primo giorno e di vita e in otto anni ha continuato, imperterrito pure dinnanzi alle (rare) perplessità a tener dritta la barra: la partenza di Lavezzi, ufficializzata praticamente «l’altro ieri», ha lasciato una scia di pessimismo e di umanissima malinconia, ma in quel Napoli che rotola all’infinito e verso orizzonti ancora indefinibili, i guizzi di Vargas e l’istinto di Insigne, costituiscono l’energia rinnovata d’una squadra che ha convinto a suon di risultati e che Mazzarri sta plasmando ancora una volta a sua immagine e somiglianza. Maestro, quanti tenori?
Fonte: Corriere dello Sport
Fonte foto: Italo ed Alessandro Cuomo
Articolo modificato 23 Lug 2012 - 08:31