L’erba del vicino è sempre più verde. Bisogna ammettere che il tifoso a volte si esalta in voli pindarici perdendo i contatti con la realtà. Il sogno è il classico top player, l’idolo delle masse, desiderato da tutti e respinto soprattutto dalle casse societarie. Restare con i piedi per terra equivale ad una rispolverata in soggiorno, quando dalla dispensa rispunta il bicchiere di cristallo che non avevi mai apprezzato finora. O, almeno, non lo avevi fatto fino in fondo. Il tintinnio di Goran Pandev in queste amichevoli estive fornisce un’ulteriore prova del suo valore. L’acquisto decisamente più azzeccato della campagna di luglio. Nessuno credeva in lui all’approdo in maglia azzurra. Ha zittito tutti. Riscattato a suon di quattrini (circa 7,5 mln), ha deciso di decurtarsi l’ingaggio e abbracciare in toto il progetto Napoli, ricambiando con affetto la fiducia della società che l’ha rilanciato. Le premesse sono gustosissime, sintomo inequivocabile del suo senso di appartenenza.
Reti a grappoli in questo scorcio pre-stagionale, puntuale come un orologio svizzero in una squadra che di elvetico inizia ad avere anche la spina dorsale. In gol al debutto stagionale contro il Trentino Team, poi la zampata del momentaneo 2-1 contro il Bayern Monaco. Su rigore il 2-0 al Grosseto, prima di marcare il cartellino in entrambi i match del San Paolo. Ieri sera il tocco da biliardo a fine primo tempo per sbloccare la gara contro il Bordeaux, fino ad allora tutt’altro che agevole. Ovviamente, non solo quello. Goran oltre ad essere uomo-gol sa ritrarsi dal centro dell’attacco in stile risacca e innescare con assist al bacio centravanti ed incursori. Di due deliziose perle ne ha beneficiato Vargas, non riuscendo però a concretizzarle. Altro taglio fenomenale per l’inserimento di Dzemaili. Nel complesso si dimostra sempre schiavo della sua invidiabile visione di gioco. Superlativo, senza fronzoli. “E’ stato emozionante segnare nel giorno del compleanno del Napoli“, commentava da Facebook stamattina, esaltando la napoletanità germogliata nei mesi trascorsi all’ombra del Vesuvio.
Eroe schivo, milite poco noto. Un assaggio di umiltà pura. Uno di quei tenori da palcoscenico, ben diverso da quelli che amano schiarirsi l’ugola tra le mura domestiche per poi esibirsi in maldestre performances davanti allo spettatore pagante. Il macedone ha sempre lavorato a testa bassa, ha atteso il suo momento senza pretendere nulla in cambio. Ora la svolta è arrivata, ne è consapevole. Il 3-5-1-1 pianificato da Mazzarri è stato cucito sulla sua improbabile cresta, nella duplice veste di apripista ai centrocampisti e sparring partner per Edinson Cavani. All’occorrenza, è certamente in grado di sostituire il Matador come accaduto in vari tratti di queste prime uscite. Può rimpiazzare, altresì, chi a Napoli ha lasciato un ricordo indelebile, ma non inoppugnabile. Il top player de noantri ha le qualità del vincente, la fame da trofei condivisa dalla città. Il suo pensiero, ora, è proiettato al di là del continente. In silenzio. Con la testa e con le gambe. Cose dell’altro mondo.