Napoli saluta il suo piccolo, grande guerriero: Walter Gargano

5 anni, 165 presenze, 4 reti.

Questo è quanto gli almanacchi del calcio riporteranno per raccontare l’avventura di Walter Gargano a Napoli, con la maglia del Napoli.

Numeri freddi, distaccati e razionali, incapaci di raccontare come e quanto per 165 volte Walter, detto “el Mota“, ha onorato la maglia azzurra.

65 chili distribuiti in 1,65 centimetri, contornati da una folta capigliatura riccia e nera, sguardo furbo e combattivo, tatuaggi, tanti tatuaggi, aumentati nel numero, di anno in anno, polmoni d’acciaio capaci di assicurargli prestazioni da instancabile guerriero e tanto cuore.

Nato senza i piedi buoni“, ma abile a recuperare una quantità incommeabile di palloni, ostinato, talvolta, forse troppo, fino al punto di perseverare nell’incursione personale, perdendo, così, palle che espongono la squadra a pericoli.

Impreciso, sovente, nei passaggi, ma altresì capace di lottare fino all’ultimo istante, su ogni singolo pallone, senza mai tirarsi indietro nei contrasti e pronto a far sentire il suo ruggito quando qualche avversario ha provato ad affrontarlo a muso duro.

Un piccolo guerriero, pronto a salire in cattedra ed ergersi a gigante.

Questo, in sintesi, è Walter Gargano.

Pertanto, per comprendere quali sono le ragioni per cui il suo rapporto con la piazza partenopea è stato spesso altalenante,  basta attenersi all’infimo principio, assai familiare ai napoletani: “Quando giochi bene sei il migliore, ma quando sbagli un paio di passaggi diventi un brocco.”

Walter è giunto a Napoli, nell’anno in cui alle pendici del Vesuvio approdarono anche “quei due”: Hamsik e Lavezzi.

Walter, come loro, era un ragazzino, sconosciuto ai cultori del calcio italiano e predestinato a rimanere offuscato dai piedi d’oro di Marek e dalla velocità fulminante di Ezequiel.

Così sarebbe andata se Walter non avesse potuto contare sui suoi polmoni d’acciao.

Quei polmoni, partita dopo partita, hanno fatto differenza.

Quei polmoni, unitamente alla sua tempra di instancabile combattente, hanno fatto si che gli occhi di tifosi ed addetti ai lavori si posassero anche su di lui.

Purtroppo, a differenza degli altri due baby-talenti, estrapolati dal cilindro magico di Pierpaolo Marino, Gargano, quando era all’apice dell’espressione del connubio talento-forma fisica, ha subito un tedioso infortunio: frattura da stress del quinto metatarso del piede sinistro.

Se non si fosse imbattuto in quell’incidente, forse, anzi, sicuramente, anche il suo potenziale sarebbe cresciuto in maniera esponenziale, al pari di “quegli altri due”.

Walter a Napoli è cresciuto anche umanamente: è diventato uomo, marito e padre, per ben due volte.

Walter ha cercato di rispondere sempre sul campo alle critiche e di zittire le polemiche a suon di prestazioni convincenti.

Qualche volta ci è riuscito, qualche altra volta no.

Ma questa è Napoli, è così che qui si vive, si concepisce e percepisce il calcio.

Anche Walter aveva imparato a capirlo ed accettarlo.

Walter era un ragazzo apparentemente burbero ed ostile, restio a rilasciare autografi e pertanto etichettato come “quello che risponde in maniera sgarbata ai tifosi”, ma Walter ha, altresì, saputo essere un elemento cardine dello spogliatoio azzurro, pedina intoccabile del gruppo dei sud americani, subentrato finanche nella trattativa che ha consentito il passaggio di Edinson Cavani dal Palermo al Napoli: uruguaiano come lui il Matador, è rimansto incantato prima dalle parole e dai racconti di Gargano e poi dalle molteplici varietà di peculiari tesori di cui Napoli è intrisa.

Edinson ha visto Napoli attraverso gli occhi di Walter e se ne è innamorato.

Questo è uno dei più grandi atti d’amore che un calciatore, un uomo, può compiere nei riguardi di una squadra, di una maglia, di un popolo, ma anche di una città.

Questo, però, forse la gente di Napoli non lo sa, non lo ha mai saputo o forse lo ha dimenticato.

Questo e molto altro è quanto Walter ha saputo dimostrare di essere, nell’arco di questi 5 anni trascorsi in azzurro.

Negli almanacchi del calcio non verranno riportate le ragioni del suo trasferimento, ma che siano da riscontrare in un mancato adeguamento contrattuale, piuttosto che nell’avversione del calciatore al cospetto dell’idea di rimanere relegato in panchina, appare, al momento, assai secondario.

Negli almanacchi del calcio, non saranno menzionate le emozioni che Walter ha condiviso con il Napoli, nel bene e nel male, e delle quali è stato protagonista indiscusso: dalla Champions League, alla Coppa Italia, passando per le “vittorie di lusso” del Napoli bello di notte, capace di sbeffeggiare i livorosi e storici nemici del settentrione: Milan, Inter, Juventus, e molte altre ancora.

Negli almanacchi del calcio non vi è posto per i sentimentalismi e per la retorica che sovente viaggia sul medesimo binario della banalità, ma più che giusto sarebbe che la gente di Napoli fornisse il doveroso tributo ad uno dei suoi  più piccoli, grandi guerrieri della storia recente, accogliendolo tra gli applausi, quando tornerà di scena al San Paolo, seppur non indosserà la maglia del Napoli.

Perché, a dispetto dell’odio calcistico, Gargano meriterebbe gli applausi del popolo di fede azzurra per tutte le volte che quella maglia l’ha onorata sul campo, imprignandola del suo sudore, vestendosi anche e soprattutto delle responsabilità, delle aspettative, delle ambizioni e degli ideali di cui quella maglia stessa si fa portatrice.

Walter la sua standing ovation l’ha guadagnata sul campo.

 Luciana Esposito

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