Fa ridere e non poco l’aneddoto Berbatov. Fanno ridere i dirigenti appostati pronti all’agguato, fa ridere lui.
Vengono in mente mille parafrasi da attaccargli addosso. Meno male che esistono personaggi come questi. Altrimenti lo spionaggio sarebbe soltanto una cosa seria, e si sa, gli uomini, specie quelli di calcio, non hanno molta dimestichezza con la serietà.
“I viaggi di Berbatov”, che lo spilungone centravanti bulgaro Gulliver un po’ lo ricorda. Solo che il gigante di Jonathan Swift si vide grande tra i lillipuziani, un po’ stranito, come la penna del suo autore lo volle, tra le faccende politiche e rissose del suo nuovo mondo. Dimitar, invece, si è ridotto ai minimi termini per svignarsela da un aeroporto all’altro, dribblando i dirigenti viola e strizzando l’occhio a quelli bianconeri. E qui salta fuori il “Berbatov nel paese delle meraviglie”, che deve aver bevuto una pozione misteriosa per rimpicciolirsi, come Alice coi suoi funghi di dubbia provenienza. Non se ne abbia a male Carroll. E rassicuriamolo, perché di allucinato c’è ben poco.
Diciamo che a Dimitir andava un giro turistico, che gli avevano parlato di quanto fossero interessanti e belle Torino e Firenze. Che peccato, che gran cuore. Non ce l’ha fatta ad arrivare dai medici gigliati. Proprio non se l’è sentita di dire perdonatemi ho cambiato idea, voglio andare altrove. La coscienza, “la coscienza di Berbatov”, sempre che Svevo non se la prenda. Intanto, tra uno spostamento e l’altro, si sarà impressionato il povero Dimitir, braccato in una rete di insider pronti a tutto pur di soffiarsi a vicenda contratto e calciatore. Quando si dice la sana competizione.
Mi ricordo che un anno fa alcune dritte giornalistiche, rivelatesi un po’ storte, accostarono il “Dimitir tentenna” anche al Napoli. Chissà che il suo procuratore non gli abbia sussurrato ‘attento, da Roma in giù non li freghi’.
sebastiano di paolo