Da Miss Italia a medaglia olimpica, passando per Sanremo: l’incredibile storia della Minetti

La storia di Annalisa Minetti ha inizio il 27 dicembre 1976 e parte da Rho, provincia saldamente integrata nella conturbazione milanese, caratterizzata da una cospicua densità fieristica ed industriale.

Che la sua ugola fosse progettata per cantare, lo pronosticò per primo il medico del reparto neo-natale dell’ospedale in cui è nata, giacché confesso a mamma Filomena di non aver mai sentito una bambina urlare così tanto.

Annalisa in età adolescenziale si accosta alla musica, aiutata dallo zio Michele che negli anni ‘60 aveva intrapreso la carriera di cantante. Inizialmente Annalisa è la voce solista di un duo, così, inizia ad esibirsi nei pianobar tra Crema e Cremona, proponendo cover di Prince, Ray Charles, Celine Dion e Aretha Franklin, quest’ultima, sua cantante preferita.

Annalisa, pertanto, si divide tra lo studio per conseguire il diploma in ragioneria e la passione per la musica che colora ed anima i suoi sogni.

Il 1996 è un anno che ha segnato in maniera irreversibile la vita della Minetti: colleziona svariati rifiuti dalle case discografiche, ma, soprattutto, le diagnosticano la retitinite pigmentosa e la degenerazione maculare che progressivamente l’ha portata alla cecità.

A 20 anni il mondo si è spento per Annalisa, eppure dentro di lei si è acceso qualcosa di molto speciale.

Tuttavia, al cospetto di simili tragedie, non allarma il buio della cecità, perché ciò che è maggiormente in grado di devastare la vita è “quell’altro buio”, quello che inonda l’ottimismo e deturpa la vitalità, quello che spegne il sorriso e depaupera le energie, abile a incupire l’anima e ad espandersi gradualmente, a macchia d’olio, dal cuore al cervello, scorrendo nelle vene, aggrovigliato alla linfa vitale.

E quel buio si che può uccidere.

Ed è per questo che Annalisa rappresenta, prima di tutto, il trionfo della vita, perchè lei quel buio lo ha esorcizzato attraverso un’esauribile grinta.

Le anime come la sua nascono e soggiornano qui sulla terra per una ragione ben precisa, per seguire un disegno minuziosamente definito, incomprensibile, assurdo, ma finemente affinato, finalizzato a farci comprendere che nulla accade per caso, in questa vita e, forse, anche nell’altra.

Finalista di Miss Italia nel 1997, Annalisa è salita e ha sfilato sull’ambitissimo palco di Salsomaggiore, quello sul quale ogni ragazza sogna di ritrovarsi.

Ed era l’anno successivo all’incipit della sua malattia.

Vincitrice del Festival di Sanremo nel 1998, Annalisa con la sua voce ha trionfato sul famigerato palco dell’Ariston, altra vetrina assai appetibile per cantanti più o meno navigati, contornata da fiori e flash dei fotografi.

E, adesso, Annalisa può aggiungere un altro glorioso tassello alla sua collezione di trofei: la medaglia di bronzo nei 1500 metri alle Paraolimpiadi di Londra del 2012, con tanto di nuovo record mondiale: 4’48’’88.

Sono i suoi successi, i traguardi che la sua forza, il suo talento, la sua bellezza fisica, ma anche quella della sua anima, le hanno consentito di conseguire.

 Annalisa, molto credente, a Londra ha corso con un rosario: “Era la mia medaglia da portare al collo prima di quella che mi hanno dato per il terzo posto. In questi mesi, ma in tutta la vita ho avuto una compagna: si chiama sofferenza. Ma gioie come quelle della partecipazione alla Paralimpiade la fanno passare in secondo piano. È una medaglia che ricorderò per sempre e racconterò a figli e nipoti. Tutto può accadere e io ne sono la dimostrazione.”

Il traguardo conseguito dalla Minetti, consacrato dalla medaglia di bronzo, ci insegna che commettiamo un madornale errore tutte le volte che dispensiamo sguardi intrisi di pietosa commiserazione verso “i diversi“, atleti e non.

Annalisa, come molti altri, è stata in grado di ripartire da quell’handicap senza mai autocommiserarsi, ma attivandosi per condurre una vita normale.

Anche se nella nostra “normalità” non sono contemplati record mondiali e medaglie di bronzo…Questo dovrebbe indurci a riflettere ed obbligarci a rivedere il nostro concetto di “normalità“.

Non esistono metri valutativi oggettivi nè regole insidacabili alle quali fare capo per imprimere ad un’esistenza un percorso ben definito da perseguire per non essere additato come veicolo fuori dalla carreggiata.

Il cammino di ognuno di noi è segnato ed inevitabilmente determinato dagli ostacoli che ne delineano la strada.

Alcuni corrono con il piede schiacciato sull’acceleratore, divorando a bocconi enormi la propria vita, non trovando, così, la prontezza per di raggirare gli ostacoli che intralciano la loro strada e allora, inevitabilmente, ci si schiantano contro.

Altri rallentano la loro marcia, poichè intimoriti da quell’ostruzione che li rende incerti sul da farsi per superarla e allora si interrogano sulle varie, palpabili strade da intraprendere.

Altri marciano lentamente, perchè privi della determinazione necessaria per affrontare con il piglio giusto il proprio percorso.

Altri ancora lasciano che gli ostacoli più grandi siano i macigni di dolori, drammi e problemi che si trascinano dietro, come ingombranti zavorre.

E poi c’è Annalisa che ha scelto di lasciare che sia la luce che le irradia il cuore ad illuminare il suo cammino, senza temere gli ostacoli, perchè lei ha fiducia in se stessa e sa che quel suo sesto senso, così acuto ed infallibile la guiderà lungo tutto il suo percorso e a noi non resta che augurarle di tagliare infiniti, altri gloriosi traguardi, nello sport, così come nella vita. 

Luciana Esposito

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