“Siamo fatti così, siamo proprio fatti così”, così il ritornello di una vecchia canzone di Cristina D’Avena. Oggi questa strofa ingenua mi è ritornata alla mente dopo aver letto delle dichiarazioni di Sconcerti, uno dei fari del giornalismo italiano, sui giovani e la Nazionale.
Esprimendo le sue osservazioni in merito alla prestazione dell’Italia contro Malta, giudicata brutta (come dargli torto), l’ex grande direttore del Corriere dello Sport e attuale commentatore delle pagine sportive del Corriere della Sera, ha ribadito la stima nei confronti dei giovani talenti italiani, tra tutti Insigne, Osvaldo e Destro.
Ma ha aggiunto dell’altro, e quest’altro dà ragione del titolo. Sconcerti ha invocato un utilizzo “parsimonioso” dei nuovi arrivati, perché non tocca a loro dare un’organizzazione che spetta invece ad altri.
E si ripete anche nel calcio la solita storia, il peccato ormai non più originale della classe dirigente italiana: resistere, resistere, resistere sempre. Prima si invoca lo svecchiamento, poi si predica calma; i giovani sono giovani e hanno tempo, e nel frattempo che aspettano il loro tempo finiscono con il non avere più tempo.
Politica, dirigenza, professioni, l’età si arrocca nella sua cittadella e si tiene stretto il potere. Invoca il cambiamento, ma quando il nuovo minaccia di avanzare, e si dimostra anche bravo, allora ci dicono “Aspettate un attimo, non tocca a voi, tocca a chi già sa”. La solita Italia.
Carlo Lettera
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