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L’incipit dell’ennesima avventura, che impone impegno e concentrazione al contingente di Mazzarri, è finalmente giunto.

Seppur quella musichetta magica che riecheggia ancora nella mente dei tifosi napoletani, quella gloriosa melodia, capace di far sognare ed emozionare un’intera città, durante la scorsa annata, concorra a depauperare entusiasmo al nuovo cammino che gli azzurri sono chiamati ad intraprendere da stasera in poi, nell’ambito della maggiormente “inflazionata” Europa League.

Un passo indietro rispetto allo scorso anno, è innegabile, eppure quello che concorre, comunque, a conferire entusiasmo e partecipazione, oltre all’inossidabile amore per la maglia azzurra, è da ricercare nelle prestazioni esaltanti e convincenti delle quali si sono resi protagonisti gli azzurri durante le tre partite di campionato finora disputate.

E’ presto per stillare bilanci, tuttavia emerge con una certa evidenza che la crescita esponenziale del Napoli di Mazzarri, stia volgendo verso il raggiungimento di una nuova, importante espressione.

Ossia, il Napoli “saccheggiatore”, quello del primo anno sotto la guida del tecnico toscano, quello delle imprese da patema d’animo, maturate negli ultimi istanti degli ultimi minuti regolamentari, sul filo dell’ impossibilità, sulle ali della follia, lo scorso anno si è trasformato soventemente in una squadra ingenua, arruffona, sorniona, vittima dei suoi stessi errori, incapace di salire in cattedra per chiudere le partite nelle fasi topiche dei match, sciupando, così, svariate opportunità per conquistare punti preziosi.

Quest’anno, la squadra appare rinvigorita sotto quest’aspetto, a discapito delle perplessità scaturite dalla campagna acquisti, al quanto contenuta e contenitiva, svolta dal club di De Laurentiis, nel corso del mercato estivo.

Il campo, finora, ha dimostrato che, i sostenitori di un Napoli “Lavezzi-dipendente”, incapace di costruire trame interessanti e prolifere di gioco, senza l’argentino all’interno della scacchiera di Mazzarri, sono chiamati oggi a fare “mea culpa” battendosi la mano sul petto, poichè l’assenza del Pocho, paradossalmente, conferisce qualcosa in più all’assetto della squadra.

In primo luogo, in virtù di un centrocampo consolidato e capace di imprimere sicurezza e concretezza all’intera squadra, Hamsik si è svincolato dal sacrificio tattico che, durante la scorsa annata, gli imponeva di rimanere relegato nelle retrovie, a discapito della manovra d’attacco che, così, si trovava priva della latente arma dello slovacco: gli inserimenti e i passaggi in profondità.

Ma, soprattutto, ha consentito all’ambiente partenopeo di rilevare, con inconfutabile fermezza, che la squadra vanta un top player in attacco, oltre al “solito” Cavani, che porta il nome di Goran Pandev.

Il macedone, abbandonato il patibolo, dopo aver scontato le due giornate di squalifica post- Pechino, è apparso in un brillantissimo stato di grazia: ispirato, concreto, dotato di una pregevole tecnica, di un ottimo senso della posizione e della porta ed è uno degli uomini più determinati e motivati sui quali Mazzarri può contare.

Poi c’è lui, Lorenzo Insigne…Beh…cosa si può dire di lui?

Gli è bastato qualche dribbling e qualche scatto fulmineo per infervorare la piazza partenopea e conquistare un posto nel cuore dei napoletani, un posto che, il richiamo del sangue, gli avrebbe conferito di diritto, probabilmente, ma lo scugnizzo di Frattamaggiore ha preferito fare le cose come si deve e ha voluto conquistarselo sul campo.
L’esordio con il Napoli, il debutto con la Nazionale, il primo gol con la maglia partenopea: un crescendo di emozioni che allacciano le ali ai piedi ai supporter partenopei e che spalancano le porte della fantasia, disegnando scenari idilliaci.

E’ la realtà che legittima i sogni.

E’ la realtà rileva la comprovata forza di questo gruppo che, diversamente da come accadeva lo scorso anno, nei momenti di difficoltà stringe i denti e non arranca, ma si prodiga per emergerne con lucidità.

E’ un Napoli che fraseggia, ragiona con la palla tra i piedi, impostando una manovra di gioco snaturata da quegli snervanti rilanci alla “viva il parroco” che, in passato, frequentemente partivano dalle ritrovie, allorquando tutti gli spazi erano chiusi, privando così le menti della squadra, della possibilità di studiare la soluzione migliore per aprire varchi ingegnosi, utili a perforare anche la più impenetrabile delle squadre catenaccio e consentivano, così, di sciupare palloni preziosi.

Quella attuale, invece, è una squadra che gioca palla a terra e lo fa in maniera sinergica, complice, palesando una cosciente consapevolezza dei propri mezzi, senza, però, strafare, sfociando nella spesso beffarda presunzione.

E’ un Napoli consapevole dei propri mezzi, che ha saputo fare tesoro delle amare esperienze archiviate, che, soprattutto, ha assaporato la gioia mista a soddisfazione che si prova nell’ innalzare un trofeo verso il cielo ed è altresì cosciente che questo popolo, questa città hanno una smodata fame di vittoria ed un’ ingestibile bisogno di tingere d’azzurro i loro sogni, notturni e diurni.

Buongiorno Napoli…e buona Europa League!

Luciana Esposito

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Articolo modificato 20 Set 2012 - 09:36