Il campione sa quando piazzare la sterzata, spedendo l’inerzia in testacoda. Ed in questo l’astuzia di Marechiaro va a nozze. E’ lui il perno inamovibile di questa squadra, versatile come nessuno: centrocampista arretrato, mezzala nel 3-5-2, esterno largo nel 3-4-3 del primo tempo contro la Samp. Adattabile ad ogni ruolo, camaleontico a seconda di chi si trova di fronte. Dotato di un’incredbile intelligenza tattica, è il très d’union di tutte le ripartenze azzurre e spesso anche tra i principali terminali offensivi. Maturazione esponenziale nelle ultime stagioni, per la capacità di sobbarcarsi lavoro sporco e responsabilità. Con un fiuto del gol che è merce rara per chi riveste il suo ruolo. Ecco perchè piovono paragoni da ogni dove, inserendolo nell’elite dei centrocampisti europei, fino ad insidiare mostri sacri del calibro di Gerrard, Lampard e Fabregas.
Un neo ha sempre minato il suo inestimabile valore: la continuità. Mazzarri ha lavorato molto su quest’aspetto, ancora oggi lo bastona dalla panchina durante le sue fasi off. In questo scorcio di 2012 la sua costanza di creta inizia già ad assumere una forma artistica. In sei giornate ha agito da trascinatore almeno in quattro circostanze. Dopo il gol e l’assist al bacio a Palermo, il colpo di cresta che abbatte la Fiorentina. Pricìncipesco nel dettare l’ultimo passaggio contro il Parma, ha coronato il suo miglior inizio di torneo da quando veste la casacca azzurra con la prodezza di Genova. Ma piombare a velocità supersonica su una sfida come fosse una meteora è sempre stata una sua caratteristica, anche nelle giornate più grigie. La svolta risiede nella cosiddetta “coscienza da leader”, un auto-riconoscimento del suo status calcistico. In parole povere ora è lui a caricarsi la squadra sulle spalle e, pena qualche scossa d’assestamento tipo Catania, sta imparando ad accettare l’investitura.
Una ruolo che gli si addice, ha tutte le armi per ergersi a condottiero. Quest’evoluzione della sua figura ha coinciso con la partenza di Lavezzi. L’assenza delle sfuriate del Pocho a tutto campo ha prodotto un incremento dell’imprevedibilità di Marekiaro. Il tecnico toscano gli ha concesso carta bianca e gli spazi si sono notevolmente ampliati senza vedersi sfrecciare davanti l’argentino. Tra l’altro, non dovendosi appoggiare a lui in ogni trama offensiva, Hamsik ricerca con maggiore insistenza lo spunto personale, come accaduto nella ripresa a Genova. Del suo coraggio ne beneficia tutto il gruppo, che ricambia con lo stesso entusiasmo.
Tanti i calcioni subiti al Ferraris, una vera caccia all’uomo degli uomini di Ferrara soprattutto per spezzare le azioni di rimessa del Napoli. Duri faccia a faccia, battibecchi continui, senza mai cadere nel tranello blucerchiato. Anche l’espulsione in Europa League contro l’Aik Solna, intrisa di un’ingenuità che non gli appartiene, ha forse provocato l’effetto sperato, smussando qualche strascico d’esuberanza giovanile. 25 anni appena compiuti, si può chiedere di più? 25 anni appena e un aplomb da gran signore a quel gesto dispregiativo mentre rilasciava un’intervista a fine partita. Un pacchetto di caramelle gli sfiora il viso, lanciato da un esagitato che offende se stesso prima che il calcio e la piazza di Genova. Marek non fa una piega, nè ha mai più sollevato l’argomento in seguito. Saranno facezie ma non sono da trascurare. Napoli ha bisogno di un’icona in cui potersi rispecchiare, battagliera e raffinata a seconda delle esigenze. Lo slovacco ha tatuato la città sul cuore, una firma che travalica qualsiasi contratto. Voglia di diventare grandi. Insieme.
Articolo modificato 2 Ott 2012 - 21:32