“Noi non siamo napoletani!”. Sì, lo sapevamo. Siamo a Genova. Sarete pur genovesi, se non di nascita di residenza. Ma “Siete come la Juve, voi siete come la Juve” davvero ci ha sorpreso. Forse è la prima volta che un coro del genere ci viene rivolto durante una partita di serie A. e, lasciamocelo dire, fa strano. Prima di tutto perché si viene accostati all’acerrimo nemico di una vita, quel rivale con cui confrontarsi ad ogni giornata, ad ogni minuto, per elevarsi al di sopra dell’altro. Quest’anno, poi, la sensazione è davvero diversa. Quei cori a Marassi che ci paragonavano alla Vecchia Signora fanno nascere spunti di riflessione davvero interessanti.
In primis devo dire che non mi arrabbierei poi così tanto. Ad una lettura più profonda, infatti, il tifoso napoletano arriva a comprendere che quei cori nascondono parole di paura, che si trasforma, il più delle volte, purtroppo, in un attacco all’avversario. Essere paragonati alla Juve in un campionato che ci vede protagonisti in testa dopo 6 giornate significa essere temuti più del normale. Non se la prenda, il tifoso napoletano, per quelle parole così forti, così profondamente dirette all’animo. Sì, perché i tifosi doriani hanno voluto misurare la nostra capacità di resistenza; hanno fatto della legge sacra nello stadio – lo sfottò – la loro arma di battaglia. E va bene così. Ci prendiamo i cori e pure i 3 punti. Arrivederci e grazie. Grazie, soprattutto per le parole mosse nei nostri confronti. No, non quelle dei napoletani, lo abbiamo capito, voi non siete napoletani.
Però, come la Juve siamo noi. Ed è come se ci avessero detto siete i primi, siete i leader del campionato. Poi, sullo stile juventino, ci sarebbe una giornata intera su cui parlare. Siamo come la Juve, è vero; ma il nostro stile è diverso. E lo dimostreremo in campionato. E poi, chi ha detto che un giorno, in qualche stadio di provincia, qualcuno non cominci a cantare “Come gli azzurri, voi siete come gli azzurri!”. Forse, e ripeto forse, significherebbe che qualcosa di grande è stato conquistato. E allora diamo il via agli scongiuri.
Raffaele Nappi
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