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Urla, gesti, smorfie. Un dizionario di mimica facciale e prossemica da far impallidire Charles Darwin. Walter Mazzarri  in ogni partita è un vulcano in eruzione, l’area tecnica fatica a contenerlo. Il suo aspetto impeccabile tradisce lo spettatore occasionale. Improperi all’operato arbitrale, espressioni incomprensibili nei dialoghi con la sua panchina, pensieri spettinati da carpire nelle pieghe del suo viso. Ten’ arteteca si direbbe sotto il Vesuvio: si scuote senza trovare mai pace, vive la gara intensamente dal primo al novantacinquesimo minuto. E guai a vederlo in una veste diversa, passivo e mansueto, scatta immediata la dietrologia dei media e degli stessi tifosi. “Avrà litigato con il presidente, questo l’anno prossimo va via“: è la spiegazione più gettonata, ovviamente a seconda dei periodi.

Ieri l’allenatore toscano ha raggiunto l’apice della sua teatralità in due occasioni. Due fotogrammi isolati della sfida con l’Udinese che di primo impatto producono qualche sorriso e scivolano via. In realtà sottintendono perfettamente la sua filosofia e valgono più di mille parole. Sul finale del primo tempo Fernandez sbaglia il disimpegno, Maicosuel incarta il regalo e lancia Pinzi nella voragine aperta davanti a De Sanctis: 1-1. Mazzarri, ammirato lo scempio, si volta verso i suoi collaboratori puntando l’indice sulla tempia, per la serie “è da matti prendere un gol così”. E’ da matti perchè in settimana sono state studiate alacremente le prerogative della squadra di Guidolin. Densità a centrocampo, pressing alto e rapidità nei capovolgimenti di fronte. Occorreva evitare tassativamente errori in fase di impostazione. E invece si è caduti proprio nella trappola friulana, come conigli al primo approdo nella foresta. Ma si è vittima prima di sè stessi e poi delle strategie avversarie. Il dibattito  sulla “mentalità” è stato riacceso dallo stesso Mazzarri nelle dichiarazioni post-gara. La capacità di gestire al meglio i singoli momenti all’interno di un match e di diventare più scaltri è un aspetto su cui c’è ancora da lavorare. Esporsi ingenuamente al fuoco nemico è da principianti, con la conseguenza di complicare partite apparentemente in discesa.

L’analisi fisiognomica del tecnico di San Vincenzo ci delizia con un’altra chicca al fischio finale di Doveri. Attraversando il terreno di gioco per raggiungere gli spogliatoi, Walter si lascia immortalare dalla telecamera nel bel mezzo di un sospirone di sollievo. Un “assa fa’ Die” che lo accomuna a tutti i napoletani presenti sugli spalti e collegati da casa, provati dalla sofferenza di un risultato in bilico forse più degli stessi calciatori in campo. Le insidie contro un’Udinese rinvigorita dall’impresa di Anfield e da sempre osso duro da sgranocchiare erano dietro l’angolo. La liberazione di aver oltrepassato indenni un altro sgorbutico banco di prova era chiaramente visibile. Ma nascondeva anche un’insoddisfazione palesemente dichiarata poi ai microfoni: “Non si può rischiare la beffa al 90′ la chiosa – la squadra deve imparare a chiudere le gare“. Un limite dai risvolti ansiogeni già mostrato una settimana fa a Genova: in superiorità numerica era doveroso mettere i tre punti in cassaforte ben prima delle mischie finali vietate ai cardiopatici.

Il ritratto del Napoli sta assumendo i lineamenti delicati di un top team. Solo qualche piccolo ritocco e il cigno azzurro potrà splendere. Mazzarri è un perfezionista, il dinamismo a bordo campo è la sua impronta perpetua sulla crescita del club. Meglio farsi espellere da un arbitro troppo pignolo piuttosto che lasciarsi scalciare da chi ci attende imbizzarrito tra appena due settimane.

Articolo modificato 8 Ott 2012 - 23:41

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Scritto da
redazione