Sono giunti i tanto attesi deferimenti per Antonio Conte, tecnico della Juventus, e Aurelio De Laurentiis, presidente del Napoli, a seguito di due fatti lontani ma simili, come quelli di tanti altri dirigenti e presidenti del calcio nostrano.
Partiamo da Conte: il tecnico della Juventus incomincia il suo rapporto con la giustizia sportiva a seguito delle dichiarazioni di un suo ex giocatore, Carobbio, che lo accusa in più interrogatori di aver preso parte a ben 2 combine nella stagione 2010\2011 in merito allo scandalo calcioscommesse.
Scandalo, scalpore, processi, avvocati e infine una condannata ridotta poi ben tre volte con il finale tragicomico in cui i tribunali dichiarano Carobbio non attendibile, dopo un anno di accuse e dichiarazioni in merito all’estrema attendibilità dello stesso.
Conte, dopo mesi di silenzio, decide quindi di parlare con il supporto dei suoi avvocati in una conferenza stampa al veleno, nella quale ovviamente il primo obiettivo perpetrato era la difesa personale e della sua immagine e della sua reputazione.
Conte però, supportato dai legali che lo rappresentano, va oltre e attacca un sistema calcio e una giustizia sportiva che non vanno. Si lamenta che gli accusati non hanno una reale possibilità di difendersi, si lamenta dei tempi, delle prassi che vanno contro molte delle regole base e delle logiche del Diritto Civile e Penale, argomentazioni suffragante dell’intervento dei suoi legali ovvi esperti in materia, e del fatto che la parola di un uomo senza fare troppi approfondimenti diventi vangelo contro un altro.
Critiche oggettive al sistema, al di là della propria posizione, e la critica di Conte è aspra, come quella dei legali che addirittura additano il sistema della giustizia sportiva quasi come irrispettoso della giurisprudenza e delle leggi nazionali, ben al di sopra di quelle sportive.
Dichiarazioni forti ed estreme, sicuramente con un’alta percentuale di difesa personale, ma dichiarazioni che criticano anche un sistema che da anni e da più parti viene ritenuto inefficiente e inadeguato, creando situazioni al limite del paradossale e dell’invivibile per alcune persone, ancor prima che vengano definitivamente ritenute colpevoli.
Silenzio nuovamente per mesi da entrambe le parti sino al deferimento giunto oggi come punizione per quelle affermazioni ingiuriose verso i palazzi del calcio.
Passiamo a De Laurentiis. Il vulcanico presidente del Napoli è stato invece deferito per il suo atteggiamento nella finale di Supercoppa Italiana, tenutasi l’11 agosto a Pechino, nella quale in Napoli, battuto proprio dalla Juventus di Conte, decide su ordine del massimo dirigente di non prendere parte alla premiazione del trofeo in forma di protesta contro un arbitraggio, ritenuto favorevole alla Juventus da parte degli azzurri.
De Laurentiis non si arrende e prosegue la sua battaglia personale con dichiarazioni pesanti in merito.
Il gesto è stato applaudito e deprecato da un mondo del pallone spaccato a metà in merito . Fatto sta che comunque l’atto è stato comunque simbolo di protesta anche contro una classe arbitrale che appare oggettivamente da troppi anni inadeguata e non all’altezza della situazione, che nemmeno l’aggiunta degli arbitri di linea ha sinora migliorato più di tanto.
Anche per De Laurentiis, reo di un atteggiamento ostile e antisportivo viene dopo quasi due mesi deferito per il gesto e le parole.
Negli anni deferimenti simili nel calcio italiano sono fioccati a presidenti, allenatori, dirigenti e calciatori. Tutti rei di di aver commesso il grave reato di fare polemica contro un sistema che oggettivamente non funziona.
Mentre calciatori e dirigenti vengono accusati e quasi già condannati per le dichiarazioni del collega di turno che dice che Tizio ha detto di aver scommesso, che Caio ha avuto la proposta ma l’ha rifiutata e che Sempronio è entrato dicendo il risultato nello spogliatoio, mentre nel 2006 c’era chi comprava e vendeva le partite con i cellulari e mentre all’orizzonte spunta un passaportopoli bis, dopo poco più di dieci anni dal primo, chi protesta e chi polemizza viene censurato e condannato.
Non sta certo a noi giudicare colpevoli e innocenti, ma è un dato statistico che il Calcio del bel paese dagli inizi degli anni 80′ ad oggi, trent’anni dopo, si trova a vivere uno scandalo gravissimo in media ogni 6 anni.
Che per questi avvenimenti le pene spesso sono state incoerenti o addirittura irrealizzate e che il perpetrarsi di ciò avviene troppo facilmente.
Eppure il sistema, il palazzo, la giustizia sportiva continuano il loro corso e funzionamento, pur dinanzi a numeri e fatti che impietosamente dicono: “Qualcosa va cambiato“.
E chi si permette di protestare, criticare e invocare il cambiamento, anche se con modi e gesti sbagliati e un pò per portare acqua al suo mulino, viene prontamente messo all’indice e zittito, perchè deve continuare ad andare bene così come va da più di trent’anni.
Diego Spezzacatena