È stato in bilico dopo l’infortunio alla spalla con la Nazionale. Ora, però, Claudio Marchisio sembra pronto per la sfida di domani. Almeno a parole. In un’intervista alla Gazzetta dello Sport il centrocampista bianconero ripercorre il lungo cammino che porta al match con Napoli, passando per la notte di Pechino.
Sia sincero, lo scudetto è una corsa a due?
«Sarò sincero (sorride, ndr): il primo scorcio di stagione dice proprio questo. Siamo le squadre migliori, più organizzate, complete. Juve e Napoli praticano in effetti il gioco più convincente. Detto ciò, guai e sorprese sono dietro l’angolo, e Inter, Milan, Lazio e Roma vanno rispettate».
Chi è più forte fra voi e il Napoli?
«Nella gara secca può succedere di tutto, in un cammino più ampio dico Juve: secondo me siamo superiori per giocatori, storia e abitudine a vincere. Ma occhio, perché loro stanno crescendo e con la Coppa Italia hanno pure iniziato a vincere… Che aiuta a vincere».
Cosa ha pensato quando il Napoli non si è presentato alla premiazione della Supercoppa di Pechino?
«Che il nostro calcio aveva perso un’altra occasione agli occhi del resto del mondo».
Ne avete parlato in Nazionale con Maggio e De Sanctis?
«Con loro il rapporto è splendido, in certi casi i giocatori devono obbedire, e basta. Le decisioni arrivano dall’alto. Noi dobbiamo pensare al campo».
Ma a livello di dirigenti come siamo messi in Italia?
«Diciamo che in generale potrebbero fare meglio…».
Deluso da Mazzarri, che anche a distanza di tempo ha continuato a giustificare la scelta di Pechino?
«Ognuno risponde delle proprie opinioni, ha il diritto di pensarla come vuole. È stata una partita che per noi è diventata in effetti più semplice dopo le espulsioni, ma ho sentito parlare di un Napoli che undici contro undici avrebbe sicuramente vinto. Ecco, qui non ci sto. Sono andati due volte in vantaggio, noi li abbiamo ripresi sempre con il gioco. La partita l’ha fatta la Juve, mentre il Napoli ha agito solo di rimessa. A volte non bisognerebbe fermarsi agli episodi».
La qualità migliore della sua squadra?
«La capacità di non uscire mai dalla partita e di riprendere anche le situazioni più complicate, a prescindere dall’avversario, come dimostra la rimonta sul campo del Chelsea campione d’Europa. L’anno scorso faticavamo in questo senso».
E il Napoli?
«Con la cessione di Lavezzi sono diventati più squadra. Senza l’argentino c’è meno estro, ma con Pandev la concretezza è ai massimi livelli, hanno più compattezza. Il macedone è un giocatore straordinario, utile, un uomo-squadra. Come Hamsik, altro fenomeno: oggi è sicuramente fra i grandi d’Europa. E pensare che ai tempi della Primavera, col Brescia, non giocava sempre».
Sarà un Juve-Napoli senza «dieci». Eppure una volta era la partita di Platini e Maradona…
«Sì, ma è anche vero che il calcio sta cambiando. Oggi il cosiddetto trequartista ha caratteristiche diverse, spesso non si utilizza proprio. Anche noi solitamente giochiamo con due punte e un centrocampo di gente brava a inserirsi».
Assegni lei un numero ad Agnelli e a De Laurentiis.
«Il mio presidente è un “8”, un dirigente appunto completo, concreto, capace di costruire in poco tempo e senza fronzoli una struttura vincente, in grado di aprire un ciclo. De Laurentiis? Beh, mi sembra un più imprevedibile, uno di fantasia. Sì, la “dieci” fa per lui…».
Quanto peseranno nella sfida di domani sera i lunghi viaggi dei tanti nazionali?
«Siamo tutti abituati, sia noi sia i giocatori del Napoli. E comunque certe sfide aiutano a dimenticare stress e fatica. Concentrazione e motivazioni arrivano automaticamente. Semmai, sarebbe più complicato affrontare una medio-piccola: lì c’è il rischio di sottovalutare una squadra che invece pensa solo a te da una settimana».
Marchisio, lei si sente un «soldatino»?
«Non mi va di fare polemiche con Cassano. Posso solo dirgli che alla Juventus la mentalità è unica: la squadra viene prima di tutto. Questo ci insegnano fin dal primo giorno. E da qui è passata gente come Zidane e Del Piero. Soldatini? No, grande gruppo, grande squadra».
Capitolo Nazionale: per un campione vero c’è qualcosa di meglio della maglia azzurra?
«No, la Nazionale è il massimo. Per me lo è. Non c’è bimbo che non sogni di vincere il Mondiale. Un torneo che spesso sfugge anche ai migliori giocatori di sempre. Si gioca ogni quattro anni, e l’attimo va colto. Non ci dovrebbe essere nulla di più importante della Nazionale, ma da noi si va troppo veloci col pensiero e si è finito per parlare di Juve-Napoli prima ancora che si giocassero due gare delicatissime in vista della qualificazione mondiale. Assurdo».
Torniamo al Napoli. Domani sera gioca? Come va la spalla?
«Mercoledì sentivo tanto dolore, ma adesso sono a posto. Ci sarò».
La vostra striscia vincente è partita proprio con gli azzurri, ultima giornata della gestione Delneri. C’è il timore che si concluda proprio con il Napoli?
«Timore no, anche in caso di sconfitta una serie simile verrebbe ricordata nella storia del calcio. Resterebbe comunque qualcosa di pazzesco. E in ogni caso, non abbiamo nessuna intenzione di interromperla».
Se le dico Napoli, qual è la prima cosa che le viene in mente?
«Il calore della gente, la capacità di godersi di più la vita».
Il primo piatto che ordinerebbe in un ristorante napoletano?
«Pizza, senza dubbi».
Infine, che cose dovrebbe invidiare un torinese a un napoletano?
«Non c’è nulla di più bello che svegliarsi a Napoli, aprire la finestra e affacciarsi sul Golfo… In ogni stagione!».
Raffaele Nappi