Nel calcio non sempre ciò che è razionale s’impone o dura..
Lo sa bene Stramaccioni, allenatore in prima squadra dal 26 marzo 2012, rilevato dalla panchina della Primavera per stima e amore del Presidente Moratti, posto in un ambiente molto caldo, un ambiente afflitto dagli insuccessi e in grado di rottamare, in un lasso di tempo breve, mostri sacri come Benitez.
Sull’altro versante della Milano calcistica Allegri non è da meno; si tiene in bilico al Milan come un elefante su una palla: dopo le numerose sconfitte in campionato, il ruolino di marcia da squadra in odore di retrocessione, sarebbe stato ragionevole tentennare eppure le dichiarazioni della dirigenza lo mantengono saldamente ancorato in panchina.
Alla Lazio Petkovic fa eccezione: un tipo solido e dal profilo umano elevato in grado di dare alla Lazio di Reja (gli uomini sono quelli le idee sono nuove; a riprova che le capacità degli allenatori sono indispensabili per far quadrare i conti) quella identità da squadra solida e vincente.
Ci spostiamo di pochi passi in classifica e arriviamo ad un tono di azzurro che ci fa battere il cuore: al Napoli l’assioma secondo cui la razionalità non fa parte del mondo del calcio diventa un esempio di rara intensità.
Mazzarri ha commesso tanti errori di formazione, soprattutto in corsa, ma non ha mai disconosciuto le sue scelte eppure, con il Dinipro, sembrava intenzionato ad equilibrare la squadra inserendo nella formazione iniziale un titolare per reparto. Formazione iniziale che, alla vigilia, è stata ulteriormente modificata in favore del solito turnover folle.
Con queste premesse così confuse sarebbe stato quasi impossibile vedere una partita di livello; il Napoli in Europa League si dimostra ancora una volta mal gestito ed incapace, in campo, di trovare le giuste motivazioni.
Al di là degli errori evidenti dell’allenatore, del suo personale gusto che gli impone la riproposizione ad oltranza dei “titolarissimi” in campionato e lo stravolgimento della rosa in Coppa, ci si chiede come sia possibile che un giocatore pagato sedici milioni di euro, Edu Vargas, arrivato a Napoli come un rinforzo concreto, si presenti in partita come un ectoplasma. Il giovane Insigne, almeno per questa volta, si è fatto trascinare dal livello basso della formazione: troppo individualista, riesce a confezionare qualche buona serpentina ma, per quanto concerne la capacità di finalizzazione, è nettamente sotto la sufficienza.
Questa partita, disputata nella gelida Ucraina, con una cornice di pubblico appassionata e largamente presente sugli spalti (fa effetto vedere come all’estero gli impianti siano sempre gioielli d’ingegneria e il pubblico premi questa caratteristica con un’assidua presenza), ci dice, una volta di più, che le palle inattive sono diventate un bottino sicuro per l’avversari; il Napoli posiziona in area non giocatori ma birilli, pronti, piuttosto che a spazzare, a rimpallare pericolosamente i palloni tesi. Neppure il centrocampo si salva: la continua ricerca dei palloni lunghi, l’imprecisione negli ultimi tocchi mettono in risalto come la formazione composta da riserve sia mal assestata.
L’aspetto che maggiormente infastidisce è il fatto che una squadra come il Napoli, abituata, nella storia recente, a presentare un calcio aggressivo, di rimessa, con fulminei capovolgimenti di fronte debba imparare qualcosa dal Dinipro in termini di triangolazioni strette.
Poi, nel secondo tempo, la solita girandola.. Siamo abituati alle imprese epiche del Napoli, le apprezziamo ma non si può accettare l’incapacità della squadra di amministrare o di difendersi sulle palle inattive o, ancora, l’assenza di un vice Cavani (una delle pecche che ci portiamo dietro da troppo tempo).
Questa volta non c’è neppure stata la rimonta: Il Napoli attacca, prende un palo ma è l’avversario a convincere; la difesa azzurra si sfalda, tagliata in due a ripetizione, sciolta come burro dallo spirito frizzante dei giocatori del Dinipro che fanno tre.
L’ultima considerazione è di natura emotiva: ma perché Mazzarri cambia solo dopo aver preso due gol? La trasferta torinese ci ha regalato questa nuova, entusiasmate, realtà dei fatti.
Lo spettacolo deve continuare.. Ma come?
Il gol su rigore di Cavani invece di dare speranze aumenta l’incertezza sulla reale forza delle riserve rispetto ai titolari.
Gianmarco Cerotto
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