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I forconi e le torce avvicinate alle masse di paglia e arbusti, il sabba confessato e l’inquisitore con i suoi interrogatori, quelli sì demoniaci, sono espressioni di un mondo che credeva all’attività immanente di potenze trascendenti, che credeva ai voli con le scope e alle “fatture” paralizzanti. Simboli di un irrazionale magico e violento, oltre che religioso, sono ormai contemplati come antico sonno dell’intelligenza, parentesi oscura di un mondo che andava e venne superato.

Ma a volte le streghe ritornano, e spesso prendono a varcare le barriere del tempo per planare, sghignazzanti e orribili nei loro capelli trattenuti dal sangue raffermo, sui campi di calcio.

Napoli è diventata la nuova sede delle streghe. Si avverte lo zolfo urticante del complotto dappertutto: nei palazzi del procuratore Palazzi, negli uffici dell’AIA, nelle rotative dei giornali, nei microfoni dei giornalisti.

Uno stato d’assedio che inquieta l’ambiente, e che, ammettiamolo, porta inconsciamente, ma non troppo, a crearsi degli alibi. Anche ieri Maggio ha addebitato la sconfitta a “un periodo in cui gira tutto storto”. La sfortuna, il complotto sono da sempre stati espedienti per nascondere debolezze, per trincerarsi dietro l’illusione di una grandezza ostacolata da fantasmi invisibili.

Quanto sarebbe stato più giusto ed onesto sottolineare l’incapacità di far fronte all’assenza di Cavani, dare merito all’Atalanta, addossarsi il peso e l'”infamia” della responsabilità.

Non esistono le streghe se non quelle che si portano nel cuore, ma è pur vero che l’uomo ha il bisogno incessante di scrollarsi le colpe, di imputarle a un mondo esterno che sembra contrastarlo nei suoi progetti di grandezza.

Napoli, non esistono le streghe se non quelle che si portano nel cuore.

Carlo Lettera
Riproduzione riservata

Articolo modificato 1 Nov 2012 - 15:59

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redazione