Nelle ultime due partite, gli azzurri, hanno dimostrato di avere molto in comune con la tifoseria: il Napoli e i napoletani sembrano viaggiare sulla stessa lunghezza d’onda; un tragitto fatto di continui sbalzi d’umore, di forti passioni e insensate rassegnazioni.
Non importa la nazionalità dei giocatori; chi entra nel tessuto sociale di questa città, nei cuori dei suoi abitanti, diventa, a poco a poco, un istintivo, un passionale; si trova a condividere le dinamiche contraddittorie che animano i quartieri; gli odori, i sapori e i colori dei vicoli.
Vivere a Napoli può significare diventare, in una certa misura, parte del paesaggio; ed è difficile sfuggire a questa metamorfosi.
La squadra è contraddistinta da picchi d’autostima e di forma; rapide accelerazioni, un gioco fluido sulle fasce, ma porta con sé, nel proprio animo, un volto diverso, introverso, a tratti cupo: gli interpreti smettono di muoversi di concerto, il gioco non parte più, ogni collegamento con i terminali offensivi viene reciso.
E’ una formazione emotiva la nostra; basti pensare che, la fascia di capitano, è stata assegnata ad un uomo con la fame di riscatto; un personaggio acceso sempre tra luci e ombre che, in questi anni, al Napoli ha dato tutto sé stesso (e si vede che, quando sbaglia, ci soffre). Questa passione ha spinto gli azzurri all’attacco; la fase interlocutoria al San Paolo ruggente non è ammessa: pronti, via e tutto fila liscio; si muovono a memoria e viene collezionata la prima azione da gol; finalizzata, in maniera impeccabile e rapace, dal Matador.
A questo punto la paura attanaglia gli appassionati; i gol nei primi minuti, i gol facili, quelli nati da una manovra perfettamente orchestrata (Inler recupera il pallone a centrocampo, lo smista in direzione di Dzemaili che si trasforma, come il più scafato dei trequartisti, in assist man.. Una palla d’esterno al bacio per un Cavani, neanche a dirlo, molto reattivo), stranamente, rendono tutto più difficile.
Napoli, sia come squadra che come città, ha l’occasione per brillare a portata di mano, dietro l’angolo ma, sfortunatamente, lo spreco, la scelta della via più tortuosa è nel DNA di entrambe.. Si concede spazio, le fasce sono meteore; Dossena con poca intraprendenza (apparso, in ogni caso, molto più tonico.. Lo aspettiamo in forma) e Mesto non riesce a mantenere i ritmi intensi, di qualità dei primi minuti.
Il Dinipro attacca con la forza dei suoi colpitori da fuori: la squadra ucraina non è un caso che sia prima nella classifica del girone; in difesa dimostra di essere ballerina, quando è messa sotto pressione, ma l’intraprendenza viene premiata con il gol di Fedetskiy su palla inattiva (quando si metterà rimedio a questa iattura dei calci piazzati saremo tutti più felici).
La gara è dominata dal numero 7:
Il settimo è il minuto del primo gol di Cavani; è, ancora una volta, un momento topico nella ripresa quando il Dinipro raddoppia, gelando il sangue nelle vene dei tifosi (Vargas, in occasione del gol degli ucraini, dimostra di non essere in palla: è da un suo errore che nasce il contropiede avversario); il sette è la cifra stampata sulla maglia del Matador.
Un uomo, un predestinato; l’unico top player rimasto (con Hamsik; quando lo slovacco è in forma), con il peso delle responsabilità.. Ma lui è un “atleta di Cristo”; non ha paura delle prove che il campo gli presenta. E’ lui la super star ma non possiamo dimenticarci che, se la svolta e l’estro hanno preso forma a partire dai suoi piedi, la manovra è divenuta più ricca e incisiva grazie ai cambi. La centocinquantesima partita in A, la lieta ricorrenza, deve aver scaldato il cuore di Mazzarri e dato ossigeno all’intelletto: questa volta gli innesti in campo sono stati puntuali; Donadel lascia il posto ad Hamsik e entra Insigne al posto di Vargas.
Due scelte importanti (poi vi sarà anche spazio per Pandev): la catena di sinistra, adesso, funziona a meraviglia; i due giocatori azzurri trovano gli spazi, duettano in maniera splendida e hanno l’occasione di farsi notare nell’azione del secondo gol: colpo di tacco di Insigne per Hamsik, cross basso dello slovacco e inserimento di Cavani (già aveva portato le squadre sul 2-2 con una punizione chirurgica dai venticinque metri) che sigla il suo terzo gol.
Poi.. Il poker è servito
7, 77, 88, 90.. Suona bene! Sono numeri vincenti; magari non solo sul campo ma anche se giocati in una ricevitoria autorizzata.
Gianmarco Cerotto
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Articolo modificato 9 Nov 2012 - 08:26