CI PENSA LUI – I quattro giorni che servono per raccontare una favola, che poi è realtà e non ha neppure una traccia di fiction, cominciano in un giovedì amarissimo, con l’Europa League che sta sfilando via, e definitivamente, e la crisetta che pare allargarsi, E’ Napoli 1, Dnipro 2, quando Mazzarri si alza e gli dice: “Va”. E lui si lascia trascinare sin dove la conduce il talento, raschiando il fondo del proprio bagagliaio tecnico, poi esagerando proprio in chiusura: perché i “fenomeni”, nel loro piccolo, avvertano l’aria e quel venticello dolcissimo che offre Hamsik alle spalle, andando in sovrapposizione. Ops, un colpo di tacco, che basterebbe da solo per ripagare dell’amarezza d’una sconfitta e in parte dalla delusione dell’eliminazione: ma nulla si fa per caso, men che meno un assist per l’assist, che Hamsik poi concede a Cavani per il 3-2.
CI RIPENSA LUI – Poi succede ancora, e stavolta a Marassi, che il Napoli soffra, dopo aver sciupato: vince il Genoa per 1-0 quando Pandev deve arrendersi ad un pestone. E’ un altro “va”. E Insigne lo fa ancora a modo suo, sistemandosi nello schieramento a tre che sta tra le linee, cominciando a mandare in crisi l’apparato difensivo genoano. Un altro colpo di genio, il palleggio in area su Moretti, quello che nel gergo si chiama “sombrero” e che serve per azionare Mesto, mandarlo all’1-1.
MEGLIO ABBONDARE – Le storie non finiscono mai e se c’è la possibilità di infarcirle di poesia, meglio ancora: Genoa 2 e Napoli 2, ma non basta per sentirsi autorevoli candidati al ruolo di anti-Juve o di anti-Inter, decidete come vi pare. Serve un guizzo o una gesto coraggioso, una randellata, dopo aver preparato il destro, sulla quale ci vuole il migliore Frey e pure gli dei di fede rossoblù, che dànno alla traiettoria una svolta, quasi la indirizzano sulla traversa. E no, la sfida va avanti, con colpi bassi, di un gigante che sa essere tale a dispetto della sua natura, che intanto s’è scaricato degli effetti di una contusione e che vuole anche un pizzico di copertina. Un gol soltanto, che si perde nella notte dei tempi, alla terza giornata di campionato con il Parma; e poi il “gemellino” Immobile, quello con il quale, attraverso il 4-3-3 di Zeman, ha sventrato l’ultimo campionato di B, s’è portato il lavoro avanti, segando. Insigne preferisce rimanere nella terra di nessuno, andare a pressare come farebbe un mediano qualsiasi, perché il sacrificio – a chi è partito da Frattamaggiore per arrivare nell’Olimpo del calcio – non fa paura. Lui intuisce che ci sono possibilità, arma il sinistro, induce agli scambi e poi, sistema la ceralacca sul match, andandosene in contropiede, lui e Cavani, due contro uno, fino a quando el matadord non gli dona il pallone: “Va”. E lui, freddo e sensibile, senza tergiversare, fa ciò che sa, fa ciò che deve: la lingua al vento, in stile Alex, l’Insigne riferimento dei sogni.
Fonte: Il Corriere dello Sport
Articolo modificato 12 Nov 2012 - 09:08