Ventisei anni di Milan tra Serie A e allenatore delle giovanili non si dimenticano, ma per chi ha il cuore a tinte rossonere anche lui rimane indiminticabile, Franco Baresi.
Lo storico numero 6 del diavolo, maglia ritirata dopo il suo addio al calcio, ha rilasciato una lunga intervista al quotidiano Il Mattino sull’incontro di sabato prossimo tra il suo Milan e il Napoli.
Baresi ha vissuto da protagonista gli anni della grande rivalità tra i rossoneri e gli azzurri alla fine degli anni ottanta quando spesso Napoli – Milan era sinonimo di sfida scudetto. Oggi secondo lo storico capitano del Milan il Napoli è all’altezza del tricolore ma ovviamente il suo affetto e la sua fiducia vanno indiscutibilmente verso i colori rossoneri.
Non è un periodo molto felice per Allegri?
“È la vita degli allenatori. In Italia un tecnico è sempre sotto esame, fa parte del gioco, è un ruolo legato ai risultati. Ma Massimiliano è tranquillo e il Milan conosce il suo valore. Poi se vince a Napoli può dare la svolta alla stagione”.
Anche al Milan gli esami non finiscono mai?
“Mi stupirei se fosse il contrario”.
Fa effetto vedere i rossoneri 12 punti indietro al Napoli?
“Per il Milan è una stagione particolare. Senza Ibrahimovic e Thiago Silva, con tanti giocatori nuovi, era prevedibile che avrebbe avuto qualche tentennamento. Non è una sorpresa. Come non lo è la classifica del Napoli, una squadra che già da qualche anno è tornata ai livelli degli anni 80”.
Come si vince uno scudetto?
“Con la continuità. Arriva prima chi ha meno sbalzi di rendimento nel corso della stagione”.
Senza Ibra e senza Lavezzi: non è un Napoli-Milan in tono minore?
“Guardando la classifica è meno eccitante di altre volte, però questa è una partita particolare, la gente ci tiene in modo speciale. È tutto il calcio italiano che vive un momento particolare. La crisi c’è e si vede. E se i presidenti non sono degli arabi o sono degli sceicchi, è normale dover ridurre gli ingaggi e rinunciare a qualche costoso campione”.
Baresi, lei come avrebbe fermato Cavani?
“A volte ci penso, nel senso che lui è un bomber moderno, che spazia per tutto il campo. Ai miei tempi non erano queste le doti dei grandi attaccanti. Ma qualcosa mi sarei inventato”.
Questo Napoli può arrivare primo?
“Non mi stupirei se succedesse, perché è una squadra con grande qualità. Però la mia favorita è ancora la Juve. Senza dimenticare Inter e Fiorentina. Ma il campionato è davvero molto lungo, è appena iniziato e credo che possa riservare ancora tante sorprese”.
Chi ruberebbe al Napoli?
“Facile dire Cavani. Ma poi c’è anche Hamsik che è davvero un giocatore speciale: è un centrocampista che attacca, ragiona, difende. Ha la personalità dei grandi campioni”.
Ecco, al Milan non ve lo siete ancora tolti dalla testa?
“Lo slovacco è un talento che credo piaccia a tutti i club d’Europa. Ma il Napoli lo terrà molto stretto”.
L’avversario più forte mai incontrato?
“Platini. Poi più tardi me la dovetti vedere con Maradona. Ma pure Careca era uno che qualche problema lo creava”.
Chi era il più difficile da marcare?
“Tutti e due erano un incubo”.
Secondo lei qual è stato il Milan migliore di tutti i tempi?
“Un mix fra quello di Sacchi e quello di Capello”.
Ricorda il 3-2 al San Paolo, il primo anno di Sacchi in panchina?
“Impossibile dimenticarlo. Il nostro ciclo magico iniziò con quel successo: vincemmo lo scudetto dopo una fantastica rimonta e da lì in poi non ci fermammo più e due anni dopo arrivò il trionfo di Tokyo”.
Il momento più triste è pure legato al Napoli?
“Il 16 maggio del 1982: la nostra vittoria a Cesena per 3-2 non bastò per salvarci dalla retrocessione in serie B fu inutile perché il Genoa pareggiò al San Paolo. Andammo giù, fu terribile. Però la colpa fu solo la nostra, che ci riducemmo in quello stato all’ultima giornata”.
Che fine ha fatto la grande scuola dei difensori italiani?
“Mi pare che ce ne siano ancora tanti di bravi”.
Nessuna squadra ha però un reparto stile Baresi, Costacurta e Filippo Galli?
“Non facciamo confronti, a distanza di così tanti anni è impossibile”.
Perché quel Milan, quello degli invincibili, ha prodotto tanti allenatori tranne lei che era il vero leader?
“Per qualche anno l’ho fatto, poi col club abbiamo deciso che era meglio che ricoprissi questo ruolo (è un dirigente del Milan, ndr) e non me ne sono mai pentito”.
Fonte: Il Mattino