A tre o a quattro: lo fanno strano? Normalissimo, Watson: perché il Napoli destinato a travestirsi da anti-Milan è quello d’ultimissima generazione, la sintesi perfetta emersa in quelle sfide (divenute laboratorio) contro il Dnipro e, soprattutto con il Genoa: 3-4-1-2 in origine, che però in fase di scivolamento, mentre gli altri attaccano, spinge Campagnaro verso l’esterno destro e Zuniga «basso» dall’altra parte, per una difesa allineata e coperta. Pandev non c’è, vittima d’una caviglia dolente con la quale bisognerà confrontarsi pure per la Svezia, giovedì sera; e allora, al fianco di Cavani, magari lievemente più dietro, tra le linee, tocca ad Insigne. Non c’è neppure Behrami, fermo per squalifica: e nel mezzo, stavolta a interdire, largo a Dzemaili, lasciando ad Inler l’onere della regia. E’ per nove undicesimi il Napoli che Mazzarri ha plasmato a propria immagine e somiglianza, la squadra venuta fuori dal primo trimestre di fatiche tra finale di Supercoppa, campionato ed Europa League: Zuniga rientra a distanza di venti giorni, ha tirato il fiato, può andare a garantire gli equilibri tra copertura e spinta offensiva. La retroguardia è ormai fondata sul terzetto cui Mazzarri ha consegnato le chiavi del settore e che in campionato se la sbriga dall’avvio sin dalla gara con la Lazio: unica eccezione, con l’Udinese, ma quella sera c’era Cannavaro squalificato. A tre e però anche a quattro: un compromesso ci sta.
Fonte: Corriere dello Sport