Uno strano, insensato e beffardo destino si abbatte sugli uomini. Un marchio su cui il tempo non conosce signoria, un gesto che da “occasione” si ribalta in “definitivo”. Parlo del primo incontro.
Il primo incontro con qualcuno o qualcosa è destinato a segnare il nostro rapporto con lui, al di là degli avvenimenti futuri, oltre ogni ripensamento o revisione dell’intelligenza. Le cose saranno sempre, per noi, nella loro radice prima, come sono state la prima volta che il nostro cuore le ha sentite e i nostri occhi le hanno viste. Nulla sfugge all’irrazionalità di questa legge che scompagina per l’universo, nemmeno il calcio.
Vargas ha pagato il suo ingresso, la sua apparizione, la sua prima volta da calciatore. Ha pagato quel primo tempo con il Cesena in Coppa Italia. Da allora è scattato subito un giudizio prelogico, destinato a condizionare tutti i futuri giudizi logici. Vargas era quello, è sempre stato quello: per noi, per i compagni, per Mazzarri.
Nulla può la ragione contro la potenza dell’impressione. Non possiamo bilanciare il sentire dell’anima con il valutare della coscienza, non c’è paragone. La maledizione della prima volta Vargas non la potrà mai accantonare, nè noi potremmo fare altrimenti.
Gran parte del nostro credito lo acquisiamo o perdiamo alla prima stretta di mano, al primo sguardo, alla prima giocata. Purtroppo per Edu, la sua prima volta, il suo primo apparire è stato una catastrofe. Una solitudine malinconica, questa fu l’impressione che ci lasciò quella sera con il Cesena, e ancora oggi il suo sguardo, malgrado siano passate tante albe e lui stesso non sia più quello del Gennaio scorso, ci detta quell’impressione iniziale.
Edu sarà certamente “cambiato”, ma noi non possiamo fare a meno di vederlo sempre così, come ci entrò nel cuore. E quella sua malinconia chiusa lo ha anche salvato. Non è vero che lo abbiamo “perdonato” fino all’inverosimile? Non è vero che se ci fosse stato un altro al suo posto la pazienza sarenne andata in frantumi già da tempo? Edu è quello di Gennaio, non potrà mai cambiare, la sua prima volta è stata in un certo senso anche l’ultima, lo ha plasmato, lo ha chiuso in una dimensione perenne.
Carlo Lettera
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