Con il disperato coraggio dei campioni nati per vincere, il Matador cerca ancora il gol, trovandolo in un rigore. La seconda immagine sono i sospiri di Mazzarri. In tv alla domanda sui suoi toni imbronciati, dalla Svezia fa sapere che «questo anno è così». Perché, è così? C’è un Napoli che gioca sempre peggio ma vince sempre meglio. Pur avendo alcuni dei suoi motori spenti, è trascinato da Cavani, da Hamsik, dal pur maltrattato Insigne, dal tenace Cannavaro e qualche altro in Italia e in Europa League. Ha un potenziale offensivo come nessuno in A e buone prospettive all’estero. Mazzarri però si barrica nei suoi irati silenzi, come nella conferenza della vigilia in Svezia. Non c’è una frase, una sillaba, una pausa che non siano intrise di polemica tristezza. Vive un disagio. Le critiche? Di sicuro. Ma sono fatali: chi si sovraespone per lodare il proprio «gioco innovativo, apprezzato anche all’estero», deve aspettarsele se il modulo va in black-out e decidono gli spunti individuali. La rispettosa freddezza del presidente? Anche questa, forse. Ma è stato lui a confidare che vuole andar via, che tollera sempre meno gli stress. Lo dicesse il comandante di una nave, quale sarebbe la reazione dell’armatore, oltre a quella di equipaggio e passeggeri? Gli attriti tra società e Mazzarri, con la Juve che lo tentava, mandarono la squadra in picchiata. Perse 10 punti su 15 nelle 5 gare finali. Era la primavera 2011. Siamo in autunno: un mercato che promette acquisti, forse Floro Flores e altri; zona Champions da riconquistare; campioni da portare ai traguardi. C’è ancora tanto da vincere. I tifosi, preoccupati, si augurano che l’allenatore da grande professionista qual è sappia gestire bene squadra e impegni come sempre, ma da lunedì a Cagliari anche se stesso, i suoi umori, i suoi legittimi interessi.