Voglio parlarvi del Vargas finalmente presente nell’organismo squadra, dell’uomo che schivata la solitudine entra finalmente in una comunità sportiva, aderendo nei gesti e nelle conseguenze ad un’idea collettiva più grande della singola e personale prestazione.
Il primo segno di questo ingresso l’ho percepito a Stoccolma, dopo il rigore trasformato da Cavani. Edu correva felice ad abbracciare i compagni, e lo faceva non come le altre volte, ma con il sorriso, con una corsa rabbiosa di chi si sente, malgrado e nonostante tutto, vittorioso. I gesti umani rivelano una moltitudine di cose nascoste, e quella corsa piena, non stanca, mi ha convinto sull’idea di un Vargas finalmente integrato, meno malinconico e più comunitario, non più corpo estraneo vivificato solo dalle promesse di un tempo.
Lunedì a Cagliari si ripete la scena. Hamsik in gol ed Edu felice, sì, proprio così, felice, che corre in un abbraccio universale. Il cileno ora si sente importante, sarà solo per il fatto che con il suo ingresso il Napoli è riuscito a trascinare la partita dalla propria parte, sarà solo perché la stampa gli riconosce qualche lieve spiraglio di ripresa. A me non importa. Sarà per quello che si vuole, ma ciò che conta e mi rende gioioso è il frammento periferico che sa farsi catturare dalla gravità attrattiva del centro.
Vargas c’è;c’è la sua consapevolezza di essere tassello di un mosaico;c’è la sua volontà di sentirsi tra un gruppo e uomo tra gli uomini. E’ solo l’inizio, al di là delle sue prestazioni, sono certo che è stato recuperato un ragazzo ad una dimensione più serena, e questo, come essere umani più che come tifosi, non può che regalarci un sorriso.
Carlo Lettera
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Articolo modificato 29 Nov 2012 - 15:41